Salario minimo, il no degli Artigiani: il Presidente Segatta “Costi troppo alti”

L' associazione lancia l' allarme sulla misura: le assunzioni si fermano e i costi decollano.

Gli Artigiani bocciano il salario minimo proposto dal vicepremier Luigi Di Maio e dal Movimento 5 Stelle. L’ idea di alzare a 9 euro l’ ora il salario dei lavoratori, secondo il presidente dell’ associazione provinciale Marco Segatta , «rischia di mandare fuori mercato le nostre imprese, alzando i costi e fermando la volontà di assumere delle aziende. Non solo: potrebbe avere anche ricadute negative sull’ organico attuale delle stesse imprese».
Il nodo è quello relativo all’«effetto cascata» come lo definisce Segatta che produrrebbe l’ arrivo dei 9 euro per tutti i lavoratori assunti e da assumere, e che di fatto scavalcherebbe qualsiasi tipo di contrattazione di base tra le parti sociali, imprenditori e sindacati.
«Attualmente – afferma Segatta – il 90% dei lavoratori in Italia è coperto da un contratto di lavoro, mentre il 10% non lo è.
Noi riteniamo che vadano aumentate le tutele per questa parte, che comprende, ad esempio, situazioni di sfruttamento e caporalato. Ma il salario minimo esteso anche al resto delle situazioni già contrattualizzate rischia di far andare fuori mercato le aziende, a partire da quelle piccole e piccolissime del nostro comparto».
La spiegazione è semplice: «Pensiamo solo a chi viene assunto come apprendista – afferma Segatta – che ha un salario che inizialmente è basso e poi piano piano con l’ acquisizione di competenze e di esperienza sale di anno in anno. Se venisse applicato il salario minimo a 9 euro di fatto ci sarebbe un aumento percentuale di varie decine di punti. Con il risultato di alzare i costi del lavoro in maniera tale da dissuadere le imprese dal fare assunzioni di giovani».
Ma non solo: «Ovviamente se l’ ultimo arrivato in azienda prende 9 euro l’ ora» che si traduce in circa 1.400 euro al mese per una settimana di 40 ore, «coloro che sono dentro da più tempo chiedono aumenti come riconoscimento della loro esperienza e capacità. E così si crea un effetto cascata che mette l’ azienda di fronte a costi molto elevati» sottlinea Segatta. Che fa notare anche come ci sarebbe un effetto negativo anche sui normali cittadini: «Se tutte le aziende, le nostre come quelle di altri comparti, vedono aumentare i costi, la reazione sarà quella di aumentare i prezzi dei servizi e dei prodotti al consumatore finale. E alla fine anche l’ aumento del salario si tradurrebbe in realtà in una perdita del potere d’ acquisto».
Segatta chiede al governo nazionale, assieme a Confartigianato nazionale, di fermarsi e di studiare bene gli effetti della misura sulle imprese e sul costo della vita prima di introdurla. E propone una alternativa che avrebbe l’ effetto di migliorare la competitività delle aziende, a partire da quelle più piccole, e a consentire loro di poter pensare ad assumere giovani e a non ridurre il personale che hanno a disposizione: «La ricetta è semplice: invece di pensare al salario minimo, il governo pratichi la strada dell’ abbassamento delle imposte per le aziende, magari favorendo quelle che si impegnano a aumentare l’ occupazione». Nell’ artigianato, sottolinea poi Segatta, «vediamo comparti come quelli dell’ edilizia e dei trasporti dove i contratti prevedono un salario di ingresso ben superiore a quello dei 9 euro, altri dove questo non avviene e si parte da cifre più basse. Ma solo a inizio carriera: ci sono poi evoluzioni nelle qualifiche che portano la cifra verso l’ alto». Segatta spiega poi che «fissare per legge il livello del salario delegittima le parti sociali e disincentiva il versamento delle aziende e dei lavoratori per istituti come i fondi sanitari integrativi o gli enti bilaterali, perché svuota la contrattazione collettiva nazionale e di secondo livello».

Tratto da l’Adige del 18/06/2019 pag. 11

DATA DI PUBBLICAZIONE

18.06.2019

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