I giovani protagonisti al panel del Festival dell’Economia
Giovani e politica sono davvero così lontani?
Venerdì scorso, 23 maggio, si sono avvicinati in occasione della ventesima edizione del Festival dell’Economia di Trento durante il panel “Il futuro delle PMI in Europa: giovani e politica a confronto”.
L’evento si è svolto presso la Sala Conferenze della Fondazione Caritro, che ha ospitato un pubblico numeroso, appartenente a generazioni diverse. Una gioia vedere tanti giovani in sala e anche una classe di studenti con i propri insegnanti. Presenti all’incontro anche il direttore generale, Nicola Berardi, il presidente Andrea De Zordo e i membri del gruppo Giovani Imprenditori Artigiani del Trentino.

A rappresentare l’Associazione dialogando con l’europarlamentare e vicepresidente del Parlamento Europeo, Antonella Sberna, è stato Andrea Navarini, giovane artigiano del rame di quarta generazione e presidente del gruppo Giovani Imprenditori Artigiani del Trentino. L’evento, presentato da Andrea Manfrini del nostro ufficio marketing, ha visto anche la partecipazione di Martina Costa, studentessa dell’Università LUISS Guido Carli e vincitrice del bando call for Ideas “Le Voci del Domani”, iniziativa de Il Sole 24 Ore per rendere ancora di più i giovani i veri protagonisti del Festival dell’Economia.
Il presidente dei giovani Andrea Navarini si è confrontato con la vicepresidente Antonella Sberna sottoponendole una serie di domande che riportiamo:
l’Europa e le piccole imprese
Durante la Conferenza Europea dell’Artigianato che si è tenuta lo scorso marzo, è intervenuto il presidente Marco Granelli che ha sottolineato l’importanza di politiche europee più inclusive e soprattutto mirate a tutela di questa categoria di imprese. C’è proprio la necessità di creare un quadro normativo all’interno del quale noi possiamo muoverci. Serve un accesso garantito ai finanziamenti, pensare anche al micro e non solo al macro. Esistono misure in discussione al parlamento europeo per rispondere alla sfida che le PMI si trovano ad affrontare, è un argomento che è stato portato all’attenzione da qualcuno o una problematica che noi sentiamo, ma non è mai arrivata in sede europea?
La risposta delle Vicepresidente:
Tanti di voi sanno l’attività che Confartigianato e le sue rappresentanze a livello nazionale e internazionale stanno svolgendo a livello di Unione europea. Io sono stata eletta a luglio, ma già dai primissimi giorni abbiamo avuto dei momenti di incontro e confronto con le rappresentanze del mondo delle piccole medie imprese. Quindi, le vostre problematiche in realtà sono, secondo me, poste, tenute all’attenzione e hanno contribuito nei primi mesi di questa legislatura ad alzare il tono di dibattito, sollevare le problematiche che non solo le PMI, ma anche tanta parte del mondo industriale e produttivo del nostro paese e dell’intera unione europea ha portato alla presa di coscienza da parte della Commissione Europea che ha presentato la sua programmazione: i pacchetti semplificazione, gli Omnibus, il Clean Industrial Deal, in potenza si è capito e preso coscienza. L’Unione Europea nasce per una questione economica e di garanzia di pace, questo significa che oggi arriviamo a un bivio: da una parte c’è una presa di coscienza di cos’è l’Unione Europea, di cosa può e deve fare visto che da una parte c’è malcontento. Probabilmente è criticata perché le vostre realtà, quelle di cui parliamo oggi, come tanti altri comparti, si trovano in grande difficoltà, per un apparato di complessità, una sovrastruttura che a un certo punto ha strafatto. Gli obiettivi del Green Deal in premessa non sono sbagliati, il fatto di dover arrivare a un certo grado di emissioni e di sostenibilità è giusto. Penso che chiunque voglia trovare domani un mondo migliore, non è una frase fatta, ma semplicemente la realtà. Specialmente a Trento voi siete anche avanti rispetto a tante parti d’Italia. Ma questo non significa che debba essere fatto a un costo e prezzo troppo alto cioè che sacrifica la produttività, l’eccellenza, la creatività, la prerogativa del tessuto economico delle PMI del nostro paese che di fatto sono il 99% del tessuto produttivo, sono una colonna portante. Le misure che sono state intraprese? Il fatto che ci sia poco coraggio anche all’interno della proposta dei pacchetti Omnibus che di fatto non vanno a incidere sulla legislazione, ma su tutta una serie di contorni. Immagino che serva veramente più forza e più incisività anche se nelle premesse il cambio di passo c’è, lo notiamo. Abbiamo votato la decarbonizzazione che al mondo delle imprese interessa molto, perché favorisce una possibilità di respiro. C’è grande coscienza, stiamo tendando di lavorare in sinergia per fare in modo che ci sia la messa in condizione di avere accesso ai finanziamenti e la semplificazione della burocrazia tramite la digitalizzazione.
Attualità: contesto internazionale e situazione economica
La seconda domanda ha toccato il tema dei dazi e della minaccia che essi potrebbero rappresentare. Navarini ha domandato alla vicepresidente Sberna qual è il sentiment a livello europeo. Questo clima di forte incertezza su piani molto diversi, sta determinando una sfida di enorme portata per la politica e l’economia del vecchio continente. Si auspica l’adozione di politiche e strumenti concreti che consentano di perseguire senza tentennamenti. Ci può raccontare a che punto siamo e come sta procedendo il dibattito in sede europea?
La politica commerciale alla quale stiamo assistendo nel contesto internazionale mette in difficoltà per l’incertezza e soprattutto perché non ha contorni definiti. Io penso che il nostro governo Italiano stia facendo un grande lavoro di mediazione nell’interesse dell’Italia e dell’Europa. I dazi e le barriere anche non tariffarie non sono mai stati la soluzione al mercato, ma sovrastrutture artefatte che consentono di correggere, a volte di promuovere e mettere in difficoltà. Io non penso che quella sia la soluzione. C’è stato un momento di grande discontinuità che ha creato una grande preoccupazione, seguito da una presa di coscienza generale. L’obiettivo è trovare una soluzione che vada bene a tutti e faccia sì che ogni continente e stato possa tutelare la sua produzione interna, ma che tutto questo non vada assolutamente in conflitto con quello che c’è all’esterno dei nostri confini, anzi, che ci sia un dialogo aperto. Io penso che tutti abbiamo bisogno di tutti perché nessun continente, nessuno stato è autonomo sia nella produzione che nell’esportazione e quindi un corretto bilanciamento dei poteri e delle forze messe in campo, penso sia la strategia da portare avanti. Qui l’Europa forse ha un’occasione, quella di prendere ancora di più e meglio coscienza di sé stessa e capire il suo ruolo, anche dal punto di vista di quanta forza mettere in campo in queste trattative per tutelare i suoi cittadini e avere uno standing a livello di rapporto con gli attori esterni per creare un dialogo forte e un equilibrio che fa bene all’Unione Europea, agli stati membri, alle sue imprese e ai suoi tessuti economici e sociali e rapportarsi con l’esterno.
Capitale umano e innovazione: come attuare il piano Draghi per una competitività europea diffusa
La terza domanda è stata posta da Martina Costa: Alla luce delle proposte del rapporto Draghi, quali misure concrete dovrebbe adottare l’Unione Europea per trattenere i giovani talenti con le giuste competenze, stimolare l’innovazione anche nelle PMI e rilanciare la competitività nelle regioni meno sviluppate del continente?
L’Unione Europea sta puntando su questo perché poche settimane fa ha presentato la Union of skill. Si è resa conto che proprio perché la conformazione delle professioni del domani sta cambiando ci dobbiamo tutti dotare di strumenti per formare i nostri giovani alle professioni del domani, capire quale sarà la domanda e creare un’offerta tale di professionalità che possa matchare tutto questo, altrimenti continuiamo a formare giovani e fargli sognare un mondo che non esiste più e dall’altra parte il mondo che va a un’altra velocità ha bisogno di altre professionalità. Quindi da una parte sale la disoccupazione e dell’altra ci sono imprese che perdono di competitività o che non hanno la possibilità di andare. Nel concreto: favorire i programmi Erasmus, far conoscere ai ragazzi dove si potrebbe lavorare domani e renderli consapevoli di ciò durante il loro periodo di studio e non dopo. All’interno di tutti gli organi parlamentari si sta lavorando su questo perché noi riteniamo che se il formare i giovani di domani, ma anche riconvertire le persone che già sono nel mondo del lavoro. La priorità è formare nuove classi di lavoratori, ma dall’altra parte bisogna fare in modo che le persone che perdono il lavoro possano trovare un altro, perché il costo di questo futuro diventa un costo sociale e questo non ce lo possiamo permettere. Un lavoro sulla formazione dei ragazzi e di re-skilling di coloro che sono sul mondo del lavoro.
Carenza di manodopera e difficoltà di ricambio generazionale nelle imprese
Se queste, come ci pare di capire, non sono due emergenze solo del nostro Paese, quali sono le misure al vaglio delle istituzioni europee per rispondere a queste sfide di grande urgenza per il tessuto economico nazionale ed europeo, in particolare per le imprese di più piccole dimensioni?
La questione demografica è di respiro economico e sociale. Nel 2026 la popolazione dovrebbe iniziare a calare con una perdita stimata di persone di 30 milioni di persone in età lavorativa entro il 2050. Parallelamente si stima che oltre il 75% dei cittadini europei vivrà in aree urbane entro la stessa data, aggravando la marginalizzazione dei territori interni, rurali e montani. È uno studio fatto su dati reali. La demografia è una questione culturale, perché fare figli non è solo la scelta arbitraria di una famiglia, deve diventare secondo me una priorità nelle agende di programmazione. Il senso della politica di coesione è accorciare le distanze e trovare il modo per cui tutti i territori abbiano pari opportunità, cioè digitalizzazione, servizi alle famiglie, nidi, sostegno sia economico che tecnico, cioè creare delle misure e instillare un cambiamento culturale per fare in modo che una famiglia non debba avere il pensiero di avere un figlio.
L’ultima domanda riguarda un tema di attualità molto recente.
La settimana scorsa la commissione europea ha presentato la nuova strategia per il mercato unico e come Confartigianato abbiamo voluto sottolineare il fatto che non venga data sufficiente attenzione alle PMI in Europa, perché l’unica visione è quella della crescita. La politica del “grow or fail”, cioè “cresci o fallisci” è condivisa dal Parlamento Europeo?
Il quadro è complesso. Io ritengo che quello che è stato proposto sia perfettibile e in questo il ruolo del Parlamento può essere di supporto. La sfida è lavorare affinché chi deve decidere (Parlamento e Consiglio) possano contemplare queste esigenze e promuovere delle misure di armonizzazione che possano dare impulso alle vostre istanze.

Non partiamo da un momento facilissimo. Le PMI rappresentano il cuore pulsante non solo del tessuto produttivo italiano, ma europeo. Diamo sempre per scontato quello che viene fatto dall’EU senza pensare a dove saremmo potuti arrivare senza il suo operato. Tutte le aziende sono in balia del mercato. Come imprenditori, ci piace pensare di essere in controllo delle dinamiche del mondo, ma la verità è che grandi, piccole e medie imprese sono in balia di quello che succede. Un dato di fatto però è l’incertezza che non fa mai bene né alle aziende né ai mercati.
Mi rifaccio alla vostra realtà in particolare, da una parte si parla tanto di start-up, dall’altra non ci dobbiamo dimenticare delle PMI, di quelle realtà che arrivano da una storia famigliare, professioni che non sono forse le professioni del domani, ma che sono l’identità della nostra realtà culturale, economica e sociale del paese che riorganizzate, riconvertite sono una grande importanza. Quelle realtà devono essere sostenute dal punto di vista economico per insegnare il lavoro alle generazioni successive. Perché altrimenti un papà che fa un’attività artigianale che porta avanti da tantissimi anni, la sua famiglia, i suoi figli non vogliono continuare e quell’attività muore. E noi perdiamo non solo un’attività economica, ma perdiamo identità, radici, perdiamo anche futuro. Perché noi siamo frutto, la nostra Italia è frutto della grande qualità e del grande ingegno del nostro tessuto economico e sociale. Una sfida da lanciare sarebbe provare a unire queste due cose le grandi realtà che abbiamo e l’innovazione delle start-up per mantenere identità da una parte e dall’altra consentire ai giovani che vogliono crearsi un futuro di poterlo avere.


È stato un immenso piacere per noi avere tra il pubblico anche i membri della Giunta nazionale di Confartigianato Giovani Imprenditori provenienti da diverse regioni d’Italia. Da Veneto, Alto Adige, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Molise, Abruzzo, Sardegna, Calabria e Lazio, i giovani rappresentanti si sono riuniti la sera precedente all’evento del Festival dell’Economia, su invito di Andrea Navarini, per fare il punto della situazione su tematiche che riguardano i giovani. E la mattina successiva, prima di tornare a casa, hanno partecipato al panel.
L’incontro si è concluso con il saluto finale del presidente Andrea De Zordo:
Sono convinto che il futuro è in mano a voi giovani e alle PMI perché dobbiamo ricordare quanto sia fondamentale il loro ruolo anche sociale. Esse caratterizzano la maggior parte dell’economia e perderle significherebbe assistere a un impoverimento della nostra classe e realtà imprenditoriale.
E se come ha detto il nostro presidente “i giovani sono il futuro”, speriamo che questo incontro sia stato solo l’inizio, un’occasione di confronto unica per riflettere insieme e cercare di migliorare in anticipo ciò che ci attenderà.