Contratto a tempo indeterminato a Tutele Crescenti – Approvato il decreto attuativo
debba rappresentare l’eccezione
ad una regola che invece è caratterizzata dall’indennizzo.
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tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato costituiti a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legislativo in esame (prevista per il 1° marzo 2015); -
nel caso di conversione, successiva all’entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di conferma in qualifica del contratto di apprendistato; -
nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato, avvenute successivamente all’entrata in vigore del decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’art. 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970 n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato delle disposizioni del decreto in esame. In tal caso, la nuova disciplina risulterà obbligatoriamente applicabile a tutti i profili occupazionali, indipendentemente dalla data di assunzione.
riconosciuti al lavoratore risultano parametrati all’anzianità di servizio
dello stesso.
passa alle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto, si computa
considerando tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato
nell’attività appaltata (Art. 9 – Computo dell’anzianità negli appalti).
per il datore di lavoro di provvedere alla reintegrazione del lavoratore ed al riconoscimento di un’indennità
pari alle mensilità di retribuzione maturate dalla data del licenziamento e fino alla data della ripresa lavorativa, dedotto quanto eventualmente percepito per lo svolgimento di altra attività e comprensivo del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
potrà comunque essere inferiore ad un minimo di 5 mensilità
di retribuzione.
ed indipendentemente dalla sua gravità, il licenziamento non
potrà comportare la reintegrazione, potendo essere eventualmente assistito da un indennizzo.
si introduce “a monte” il concetto di estinzione del rapporto, escludendo di conseguenza l’istituto della reintegra.
non assoggettata a contribuzione previdenziale pari a 2 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio prestato
potrà mai essere inferiore a 4 mensilità e superiore a 24.
materiale contestato o per difetto di giustificazione consistente nell’inidoneità fisica o psichica, al lavoratore sarà riconosciuto il diritto alla reintegrazione
nelle medesime modalità previste per il licenziamento nullo, con il limite di un massimo di 12 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto.
posto a base del provvedimento espulsivo dovrà essere dimostrata
in giudizio.
Ciò significa che non sarà più il datore di lavoro a dover dimostrare la sussistenza del fatto, quanto il lavoratore
ad essere gravato dell’onere di provarne l’assenza.
l’art. 5 dello schema di decreto attuativo non rappresenta un’innovazione, rispetto a quanto già stabilito dall’art. 18, comma 10, della Legge n. 300/1970 così come modificato dalla Legge n. 92/2012, lo stesso prevede la possibilità per il datore di lavoro di far cadere nel nulla il provvedimento espulsivo, con l’effetto che risulterà come mai comminato.
al datore di lavoro dell’impugnazione da parte del prestatore.