Contratto a tempo indeterminato a Tutele Crescenti – Approvato il decreto attuativo

Il decreto sopra citato dovrebbe essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio 2015, per entrare a tutti gli effetti in vigore dal 1° marzo 2015. Con la Legge n. 183/2014 è stato introdotto un nuovo regime di tutela per i casi di provvedimento espulsivo illegittimo. La Legge n. 183/2014, infatti, chiarisce per la prima volta in maniera incontrovertibile come l’istituto della reintegra
debba rappresentare l’eccezione
ad una regola che invece è caratterizzata dall’indennizzo.
La nuova norma, pertanto, limita la valutazione giuridica che, sì, rimane presente, ma confinata alla sfera risarcitoria non rappresentando un elemento che il giudice potrà utilizzare per giustificare la sua decisione nella direzione dell’illegittimità della scelta datoriale. Art. 1 – Campo di applicazione La nuova regolamentazione riguarderà:
  • tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato costituiti a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legislativo in esame (prevista per il 1° marzo 2015);
  • nel caso di conversione, successiva all’entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di conferma in qualifica del contratto di apprendistato;
  • nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato, avvenute successivamente all’entrata in vigore del decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’art. 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970 n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato delle disposizioni del decreto in esame. In tal caso, la nuova disciplina risulterà obbligatoriamente applicabile a tutti i profili occupazionali, indipendentemente dalla data di assunzione.
Rimangono esclusi dall’applicazione della Legge n. 183/2014 i dirigenti. Inoltre, per tutti i casi di licenziamento oggetto della disciplina di cui all’art. 1 del decreto in esame non troverà applicazione la disciplina di cui all’art. 7 della Legge n. 604/1966, così come modificata dalla Legge n. 92/2012, in materia di tentativo obbligatorio di conciliazione presso le Direzioni Territoriali del Lavoro (DTL). Il nuovo regime risulta applicabile a tutti i neoassunti, profilandosi come possibile la coesistenza tra il nuovo ed il vecchio regime. Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno Come sopra anticipato, la nuova disciplina in materia di licenziamento intende limitare al minimo la discrezionalità del giudice e, conseguentemente, la variabilità dell’aspetto risarcitorio in caso di licenziamento illegittimo. Di conseguenza, tutti gli indennizzi economici
riconosciuti al lavoratore risultano parametrati all’anzianità di servizio
dello stesso.
A riguardo, posto che l’anzianità di servizio deve considerare anche le frazioni di anno, queste ultime saranno equiparate a un mese intero se l’attività lavorativa è stata svolta per un periodo pari o superiore a quindici giorni.
Per quanto attiene i contratti di appalto, l’anzianità di servizio del lavoratore che
passa alle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto, si computa
considerando tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato
nell’attività appaltata (Art. 9 – Computo dell’anzianità negli appalti).
Art. 2 – Licenziamento discriminatorio, nullo ed intimato in forma orale Le fattispecie di licenziamento discriminatorio, nullo ed intimato in forma orale, rimangono le uniche ancora presidiate dall’istituto della reintegrazione. Nello specifico, in tutti i casi in cui il provvedimento espulsivo comminato al prestatore risulti viziato per violazione delle disposizioni in materia di non discriminazione ex art. 3, Legge n. 108/1990, nonché per matrimonio, per gravidanza fino al termine del periodo di interdizione, per fruizione dei congedi parentali, per motivo illecito ex art. 1345 c.c., o ancora, perché intimato in forma orale, lo stesso prevederà l’obbligo
per il datore di lavoro di provvedere alla reintegrazione del lavoratore ed al riconoscimento di un’indennità
pari alle mensilità di retribuzione maturate dalla data del licenziamento e fino alla data della ripresa lavorativa, dedotto quanto eventualmente percepito per lo svolgimento di altra attività e comprensivo del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
La misura del risarcimento non
potrà comunque essere inferiore ad un minimo di 5 mensilità
di retribuzione.
A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro 30 giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui non abbia richiesto l’indennità pari alle 15 mensilità. Tale indennità, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, non è assoggettata a contribuzione previdenziale, la richiesta, da parte del lavoratore, deve essere effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione di deposito della pronuncia o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione. In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sopra descritto – articolo 2 del decreto. Art. 3 – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo, giusta causa e licenziamento “economico” In tema di giustificato motivo oggettivo, qualora, il provvedimento espulsivo risulti assistito dalla presenza del fatto materiale, lo stesso non potrà essere sanzionato con la reintegrazione nel posto di lavoro, mentre in assenza di fatto materiale sussisterà l’obbligo in parola. In presenza del fatto materiale
ed indipendentemente dalla sua gravità, il licenziamento non
potrà comportare la reintegrazione, potendo essere eventualmente assistito da un indennizzo.
In tema di giustificato motivo e di giusta causa
si introduce “a monte” il concetto di estinzione del rapporto, escludendo di conseguenza l’istituto della reintegra.
La nuova disciplina prevede il riconoscimento al prestatore di un’indennità
non assoggettata a contribuzione previdenziale pari a 2 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio prestato
.
Indipendentemente dall’anzianità di servizio del lavoratore, tale indennità non
potrà mai essere inferiore a 4 mensilità e superiore a 24.
Qualora il licenziamento per giustificato motivo, giusta causa o per motivo economico sia comminato senza dimostrare la sussistenza del fatto
materiale contestato o per difetto di giustificazione consistente nell’inidoneità fisica o psichica, al lavoratore sarà riconosciuto il diritto alla reintegrazione
nelle medesime modalità previste per il licenziamento nullo, con il limite di un massimo di 12 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto.
L’insussistenza del fatto materiale
posto a base del provvedimento espulsivo dovrà essere dimostrata
in giudizio.
Ciò significa che non sarà più il datore di lavoro a dover dimostrare la sussistenza del fatto, quanto il lavoratore
ad essere gravato dell’onere di provarne l’assenza.
Art. 4 – Vizi formali e procedurali Legge n. 92/2012, esplicitamente dispone: “La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.” Per i casi di violazione della procedura prevista dall’art. 7 della Legge n. 300/1970, l’articolo di cui sopra esplicitamente dispone: “1. Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano. 2. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. 3. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. 4. Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604 non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. 5. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. 6. Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell’ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio. 7. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall‘invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l’autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio. 8. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.” L’art. 4 dello schema di Decreto legislativo in esame, prevede che, a fronte della dichiarazione di estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento, il datore di lavoro è tenuto al pagamento in favore del prestatore di un’indennità pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio e comunque compresa tra un minimo di 2 e un massimo di 12 mensilità. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all’articolo 2. Art. 5 – Revoca del licenziamento Fermo restando che in materia di revoca del licenziamento
l’art. 5 dello schema di decreto attuativo non rappresenta un’innovazione, rispetto a quanto già stabilito dall’art. 18, comma 10, della Legge n. 300/1970 così come modificato dalla Legge n. 92/2012, lo stesso prevede la possibilità per il datore di lavoro di far cadere nel nulla il provvedimento espulsivo, con l’effetto che risulterà come mai comminato.
Al fine dell’operatività di tale scelta, sarà necessario che la revoca intervenga successivamente alla comminatoria del licenziamento ma entro e non oltre 15 giorni dalla data di comunicazione
al datore di lavoro dell’impugnazione da parte del prestatore.
In caso di revoca il lavoratore riprenderà l’attività lavorativa come se la stessa non si fosse mai interrotta e il datore di lavoro sarà tenuto al versamento della retribuzione piena per il periodo precedente la revoca stessa, senza alcuna sanzione aggiuntiva. Art. 6 – Offerta di conciliazione In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di conciliazione di cui all’articolo 2113, co.4, del cod. civ., e all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità delle retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario. Al comma 3 è stata introdotta la previsione secondo la quale, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, la comunicazione telematica obbligatoria già prevista dall’art. 4bis del D.Lgs n. 181/2000 andrà obbligatoriamente integrata da un’ulteriore comunicazione da parte del datore di lavoro indicante l’avvenuta o non avvenuta conciliazione. Tale comunicazione andrà effettuata obbligatoriamente entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto e la sua omissione comporterà la sanzione già prevista in caso di mancata comunicazione telematica (da 100 a 500 euro per ogni lavoratore). Al fine di raggiungere lo scopo previsto, il modello di comunicazione telematica verrà riformulato. Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300/70, non si applica l’articolo 3, co. 2, e l’ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall’articolo 3, co. 1, dall’articolo 4, co. 1 e dall’articolo 6, co.1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di 6 mensilità. Per informazioni rivolgersi ai referenti dell'area Consulenza del Lavoro.

DATA DI PUBBLICAZIONE

03.03.2015

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