Convertito il Decreto Lavoro n. 34/14 – Modifiche al contratto a termine

Limiti quantitativi ai contratti a termine
Il decreto legge n. 34/2014 ha liberalizzato il
contratto a termine sopprimendo l’obbligo di giustificarne la motivazione.
Di contro, l’articolo 1 del decreto introduce un
limite quantitativo al numero dei contratti a termine che possono essere stipulati, limitandolo al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1º gennaio dell'anno di assunzione.
I datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti possono sempre stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
Le deroghe
La norma fa però salvo il comma 7 dell’articolo 10 del D.lgs. n. 368/2001 che demanda ai
contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi la possibilità di individuare limiti quantitativi all’utilizzazione del contratto a tempo determinato, limiti che potrebbero essere superiori, ma anche inferiori a quello ora stabilito dalla norma di legge.
Il richiamato comma 7 esenta, inoltre, da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi: a) nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici; b) per
ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell'elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modificazioni;
c) per l'intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodo dell'anno; d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi. Sono altresì esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato stipulati a conclusione di un
periodo di tirocinio o di stage, allo scopo di facilitare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, ovvero stipulati con lavoratori di eta' superiore ai cinquantacinque anni, o conclusi quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale.
Parimenti, sono esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato non rientranti nelle tipologie di cui sopra, purché di durata non superiore ai sette mesi, compresa la eventuale proroga, ovvero non superiore alla maggiore durata definita dalla contrattazione collettiva con riferimento a situazioni di difficoltà occupazionale per specifiche aree geografiche. La particolarità delle deroghe elencate nell’articolo 10 del D.lgs. n. 368/2001 fa sì che, pur non essendovi più alcun obbligo di indicare le ragioni che consentono l’apposizione del termine al contratto di lavoro, il datore di lavoro può avere interesse ad indicarle comunque nel contratto di lavoro quando tali ragioni consentano di fruire della deroga o di non essere soggetti ad altri vincoli posti dallo stesso D.Lgs. n. 368/01.
Regime transitorio e contrattazione collettiva
Il richiamo alla contrattazione collettiva comporta, inoltre, che debba porsi attenzione anche a quanto previsto dal contratto collettivo applicato, tanto più considerando che l’articolo 2-bis del D.L. 34/2014, convertito con modificazioni in legge, nel dettare il regime transitorio, dispone che in sede di prima applicazione del limite percentuale in argomento, conservano efficacia, ove diversi, i
limiti percentuali già stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro.

Secondo lo studio condotto da Adapt (Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali) “solamente 3 contratti collettivi (Bancari, Agenzie per il lavoro, Metalmeccanici) su 15 non prevedono clausole di contingentamento del lavoro a termine”: il che sta a dire che i datori di lavoro che aderiscono alle Associazioni firmatarie del contratto e quelli che spontaneamente lo applicano dovranno porre attenzione all’assai diversificata disciplina contrattuale. Alcuni contratti collettivi, infatti, considerano nel limite sia i contratti a termine che quelli di somministrazione, altri operano il distinguo.
Il dato normativo in commento, vale a dire il nuovo comma 1 dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 368/2001, come sostituito dall’articolo 1 del D.L. 34014, fa espresso riferimento ai contratti a tempo determinato, stipulati da ciascun datore di lavoro, ai sensi del richiamato articolo 1 del decreto legislativo n. 368. Sono quindi esclusi, da questa limitazione i
contratti di somministrazione a termine, che trovano espressa regolamentazione nell’articolo 20, comma 4, del D.lgs. n. 276 del 2003.
Sanzione per i contratti a termine in eccedenza
Da annotare, inoltre, che mentre il testo originario del D.L. 34/2014 prevedeva che i contratti a termine conclusi in eccedenza rispetto al limite numerico fossero considerati a tempo indeterminato dal momento dell’assunzione, il testo emendato sostituisce questa sanzione indiretta con una direttamente determinabile: in caso di violazione del limite percentuale , per ciascun lavoratore si applica infatti la seguente
sanzione amministrativa:
a) 20 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a uno; b) 50 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a uno. La sanzione non si applica per i
rapporti di lavoro instaurati precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 34/2014, che comportino il superamento del limite percentuale Inoltre, il datore di lavoro che alla data di entrata in vigore del suddetto decreto abbia in corso rapporti di lavoro a termine che comportino il superamento del predetto limite percentuale, è tenuto a rientrare in detto limite entro il 31 dicembre 2014, salvo che un contratto collettivo applicabile nell’azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole. In caso contrario, il datore di lavoro, successivamente a tale data, non può stipulare nuovi contratti di lavoro a tempo determinato fino a quando non rientri nel limite percentuale di cui sopra.
Settore della ricerca
A seguito dell’emendamento introdotto in seconda lettura al Senato, il limite del 20 per cento non si applica ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati
tra istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. Non solo, i contratti di lavoro a tempo determinato che abbiano ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono.

DATA DI PUBBLICAZIONE

04.06.2014

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