La visionaria del benessere

Lilia Vega Cooper| Centro Estetico Andino

Un’estetista. Ma con qualcosa in più.

Difficile descrivere in poche parole Lilia Vega Cooper, Lily per gli amici. Perché sì, ha una storia bellissima, ma quel che si può raccontare di lei va oltre l’elencazione di una serie di avvenimenti il cui tempismo ha dell’incredibile.

Il suo viso dai lineamenti amazzonici, ospita un sorriso generoso e due occhi buoni, di una dolcezza infinita: quella di chi sa leggere dentro le persone. Uno sguardo d’insieme alla sua figura restituisce l’immagine di una donna serena, una di quelle rare anime che hanno raggiunto la pace, ma che al contempo non smettono di inseguire sogni e di porsi nuovi obiettivi, senza mai dimenticarsi di mettere la loro conoscenza a disposizione degli altri.

Lily ha un ché di magico, lo si capisce subito. E forse, il fatto che l’universo sembri al suo servizio per vederla realizzare i suoi sogni, in un certo senso conferma la sua straordinarietà.

Alla ricerca del vero benessere.

Spoiler: viene da dentro.

Quello con Lilia Vega Cooper è più di un incontro: è un’esperienza. Lo sanno bene le clienti che si recano nel suo centro estetico a Mezzolombardo per concedersi un momento di relax, ma escono “diverse”. Rinate, quasi.

La voce dolce di Lily e le sue mani sapienti, aiutano a rilassarsi. E mentre massaggiano, il suo cuore ascolta e le sue parole guidano: un po’ sembra di perdersi, ma si finisce invece per ritrovarsi.

Perché per Lily, il trattamento estetico non si limita ad un’azione meccanica e va oltre i protocolli delle diverse case cosmetiche: chiama in campo l’energia, i cicli lunari, il potere del femminile, l’equilibrio e mille altri mondi…. insomma il suo legame con la cultura andina.

L’ascolti e ti sembra di fare un viaggio che dall’Italia, passa per il mondo celtico, fa tappa in India, si ferma in Oriente ed arriva nel suo Perù: il Centro Estetico Andino è una sorta di portale verso una nuova dimensione, dove la dolce Lily è sacerdotessa e guida.

La incontriamo in una uggiosa mattina d’autunno.

D: Lily, ti sei trasferita qui da poco? Il centro sembra nuovo…

R. No, macché: sono qui da più di 4 anni, ma credo nella bellezza, nella cura dei dettagli, nell’amore per le piccole cose…. ho fatto tinteggiare tutto recentemente, perché voglio che l’ambiente rimanga accogliente e piacevole.

D: La tua attività si chiama Centro Estetico Andino: qualcosa di decisamente anomalo per essere nel centro di Mezzolombardo. Che cosa lo contraddistingue da un centro benessere tradizionale?

R: In una parola: tutto. Per spiegartelo, devo però raccontarti tutta la mia storia, che è abbastanza lunga.

D: Abbiamo tempo. Da dove vuoi partire? 

R: Dalle mie origini, naturalmente. Sono nata in Amazzonia, ma ho sempre vissuto a Lima, fino a quando sono venuta in Italia con i miei due figli. Qui c’erano i nostri affetti che ci avevano preceduto e si prospettavano anche maggiori possibilità di lavoro. A dirla tutta, quando ho presentato la domanda e i documenti in ambasciata, lo ho fatto senza grosse speranze: chi ci stava provando da prima di me, mi aveva detto che era difficile avere tutti i requisiti e che il processo di approvazione sarebbe stato molto lungo e tortuoso. Invece, mi arrivò una risposta in tempo zero: la mia richiesta era stata accolta e un mese dopo, io con i miei due figli, eravamo in Italia.

D: Hai iniziato subito a lavorare? 

R: Sì, ma come operaia. Considera che a Lima ero impiegata amministrativa per un’azienda del settore ristorazione. Qui, invece, ho dovuto accontentarmi di quello che ho trovato, anche perché non conoscevo ancora molto bene la lingua.

D: Da operaia a imprenditrice in tutt’altro settore: come è accaduto? 

R: E’ accaduto e basta, nel senso che giorno dopo giorno, sentivo più forte dentro di me il richiamo della tradizione di famiglia. La mia mamma, in Perù, era cosmetologa e svolgeva il suo lavoro col cuore, mettendoci una componente tradizionale che affondava le radici nei nostri riti e nelle credenze popolari. Parliamo di una professionista che integra il mondo del benessere, della bellezza e dell’energia fino alla creazione di prodotti, con un approccio simile a quello di un sarto che realizza un lavoro su misura. Mi sono resa conto che tutto ciò mi mancava e così ho deciso di frequentare la scuola serale per diventare anche io estetista. Quando mi proponevano tirocini, accettavo di tutto: non mi spaventava lavorare la sera, né i sabati o le domeniche. Avevo sete di imparare, di assorbire tutto ciò che potevo e mi piaceva. Solo che più procedevo, più capivo che volevo andare oltre.

D: In che senso? 

R: Qui tutto è scandito da protocolli e procedure dettate principalmente dalle case cosmetiche. Questo da una parte mi ha permesso di capire quale strada intraprendere e di farlo con un metodo. Poi praticando in diversi centri, ho avuto la possibilità di scoprire mondi diversi, di fonderli. Solo che da noi c’è anche una componente più istintiva e siamo guidati dalla consapevolezza che il benessere esteriore è il risultato del raggiungimento di un equilibrio interiore. E’ una cultura animica, più “integrata”, dove energia, equilibrio, ascolto e cicli lunari hanno un peso molto forte e ho provato a prendere il meglio da entrambi gli approcci. Il vostro rigore e il nostro istinto.

D: E lato cliente, cosa cambia? 

R:  Vedi, se voglio far stare davvero bene una persona, devo capire cosa le causa uno squilibrio. Il nostro corpo ci parla, ma non tutti sono in grado di capirlo. A me piace molto ascoltare le persone. All’inizio, durante i trattamenti mi limitavo a quello, ma poi mi sono resa conto che sono in un ruolo privilegiato: posso aiutarle, migliorare davvero la loro vita. E allora ho seguito un corso per diventare “coach dell’anima”. Mentre stendo la cera, massaggio e detergo, guido le persone alla scoperta di se stesse, dei loro sogni, della felicità.

D: E loro come la prendono? I trentini hanno la fama di essere molto chiusi, si raccontano volentieri? 

R:  Ma sì, certo! L’80% delle mie clienti arriva da fuori Mezzolombardo e viene da me perché le sono stata consigliata. Io non forzo nessuno, viene tutto da sè ed ogni vota per me è una sorta di “co-creazione”, come se stessimo realizzando insieme un’opera d’arte.

D: Bellissimo… Ma torniamo al lato pratico: come è stato aprire un’impresa da straniera che vive in Italia?

R: Devo essere sincera: non ho mai vissuto la mia provenienza come uno scoglio. Certo, a quei tempi non sapevo benissimo la lingua, ma da quel punto di vista mia hanno aiutato moltissimo i miei figli. Ci vedo un po’ come una squadra: mia figlia ha sempre avuto la capacità di scegliere le parole giuste sia nella lettera motivazionale con cui ho accompagnato la mia candidatura al bando per l’imprenditoria femminile, che nelle pagine del mio sito web; mio figlio ci ha messo la parte tecnica, programmando il sito: lui ha conoscenze che vanno oltre la mia immaginazione. Insieme mi hanno fatto un regalo bellissimo. Comunque, tornando alla tua domanda, partire è stata una gran fatica. Ma perché ero single, mamma e non avevo grosse disponibilità finanziarie da investire nel progetto, mica perché non ero italiana! E comunque, riguardando indietro, credo di aver avuto così tanta convinzione e di averci messo così tanto impegno che nulla avrebbe potuto fermarmi. E ti dirò di più: ho avuto numerosi rallentamenti, ma sono giunta alla conclusione che nulla accade per caso. Servivano per farmi arrivare nel posto giusto al momento giusto.

D: Davvero? Racconta!

R: Ho saputo del bando Soroptimist solo il giorno prima della data di scadenza per la presentazione delle domande. Appena l’ho visto, ho capito che era la mia occasione e dovevo farcela. Ho scritto la lettera motivazionale con una concentrazione pazzesca e con la consapevolezza che non avrei potuto rivederla: avevo una sola occasione per fare bella figura e forse è stata tutta questa pressione ad aiutarmi a tirare fuori il meglio. Quando mi hanno comunicata che ce l’avevo fatta, ho trovato tutta la determinazione necessaria a dare il massimo. Non sono mai stata assente alle lezioni e mi sono impegnata come non mai.

D: Nel frattempo hai individuato un locale…. 

R: Sì, esatto. L’ho visto libero e ho pensato: “Sarà mio”. Solo che quando ho contattato il proprietario, ho fatto una triste scoperta: non intendeva affittare, era interessato solo a vendere. Io non potevo permettermi di acquistare e così ho iniziato a pregarlo: con dignità, ovviamente, ma non potevo lasciarmi sfuggire questo posto. Lui gentilmente mi ha detto di chiamarlo ogni quattro settimane, che magari nel frattempo avrebbe cambiato idea. Io per mesi non ho mancato una telefonata, anche se la sua risposta era sempre un garbato no.

D: Hai provato a chiedere un finanziamento? 

R: Ovviamente. Avevo fatto il giro di tutte le banche, ma nessuna era disposta a finanziarmi nella mia condizione: avevo un grande sogno, ma  nessuno che garantisse per me. E inserire nella richiesta anche l’acquisto del locale sarebbe stato davvero troppo. Avevo presentato due volte il mio business plan, sempre con delle socie, che però quando si è trattato di mettere delle garanzie per varie ragioni non sono state in grado di proseguire. Si vede che il mio destino era andare avanti da sola! Comunque, poi mi hanno parlato di Confidi: ho presentato a loro il mio business plan da sola e loro hanno accettato di darmi le garanzie necessarie.

D: E il locale?

R: Qui arriva il bello. Nello stesso periodo in cui Confidi mi ha concesso le garanzie, mi è arrivata la telefonata del proprietario del locale, che finalmente acconsentiva a concedermelo in affitto. In pratica, tutto è arrivato al momento giusto. Una specie di magia.

D: Ci hai creduto molto… 

R: Indubbiamente, ma ho anche avuto tante persone attorno che mi hanno incoraggiata e sono state instancabili. I miei figli innanzitutto, ma non solo: i miei tutor e gli insegnanti che ho incontrato, la presidente del Movimento Donne Impresa, Claudia Gasperetti, la mia amica del cuore Holly un ‘amica del cuore,Tomy che mi ha incoraggiato sostenuto in momenti in cui pensavo di non avere più forze per continuare, Michele, Vicky… sono così tante le persone che devo ringraziare… Sia chiaro: ho anche trovato delle porte chiuse: tante persone ti fanno toccare terra troppo velocemente, ma non devono essere un motivo per non provarci nemmeno. Io mi sono sempre detta che se alla fine avessi fallito, ne sarebbe comunque valsa la pena, perché avrei imparato qualcosa.

D: Sono passati 4 anni da quando hai aperto. Cosa diresti alla te stessa di allora? 

R:  Lo so che da voi si tende sempre a sminuirsi, ma nella mia cultura, si riconoscono molto i meriti, sia agli altri che a se stessi. E io credo davvero di essere stata brava, perché ogni volta che alzo le serrande, provo la stessa emozione del primo giorno: è un sogno che si rinnova quotidianamente. Insomma: ce l’ho fatta. Non posso che essere grata per i risultati che ho raggiunto. Quindi sì, mi darei una pacca sulla spalla e mi direi: “Brava Lily, sono orgogliosa di te.”

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