L’ultimo numero della rivista l’Artigianato

"Chi ben comincia è a metà dell’opera.” Se, riprendendo il proverbio, da una parte desidero ribadire ancora una volta come la Presidenza, la Giunta e il Consiglio della Camera di Commercio di Trento, a mio parere, non abbiano affatto cominciato bene il mandato loro affidato, dall’altra un po’ mi consola sapere che lo scorso 7 febbraio si è superata la metà dell’opera. Trascorsi dunque i primi trenta mesi, colgo l’occasione per qualche breve considerazione in merito. Qui, in massima sintesi, riepilogo gli avvenimenti. Alle elezioni dell’agosto 2014 si è arrivati dopo tre presidenze, di durata quinquennale, dell’artigiano Adriano Dalpez il cui compito e imperativo categorico, parole sue, era “presidiare la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura” (in sigla CCIAA) o piuttosto, più semplicemente, stare a guardare cosa accadeva in CCIAA sulla scorta di un accordo di programma sottoscritto con la politica provinciale, limitato alla cura e tutela dei vini, spumanti, formaggi e salumi trentini. Accordo in virtù del quale, a tutt’oggi, importanti risorse economiche provinciali alimentano le casse della CCIAA, consentendole di vivere e di operare. Proprio per superare l’imbarazzante immobilismo della CCIAA in termini di proposte e progettualità – sempre evidenziato sia dallo scrivente sia dall’allora presidente di Confesercenti, direttamente nel Consiglio camerale – già in occasione delle elezioni provinciali 2013, l’Associazione Artigiani e la Confesercenti avevano ipotizzato e progettato un nuovo ruolo e nuovi compiti per la Camera di Commercio. Al progetto aderiva poi anche Confcommercio ed insieme, pertanto, le tre organizzazioni riuscivano ad esprimere la maggioranza assoluta nel Consiglio della CCIAA composto da 48 persone: 13 i rappresentanti di Confcommercio, 11 dell’Associazione, 1 di Confesercenti. Rimaneva da andare al voto per formare i nuovi organi della Camera di Commercio e realizzare così il programma comune. Il presidente di Confcommercio Bort, forte dei 13 voti a disposizione, avanzava la sua candidatura alla quale io non potevo oppormi per più motivazioni. I due voti in meno a mia disposizione. I tre mandati precedenti dell’artigiano molto presidiante e poco producente. Il “NO” assoluto dell’allora presidente di Confindustria Mazzalai, con i suoi 8 voti, ad un accordo diretto con l’Associazione Artigiani. L’ostilità della Cooperazione a chi scrive, per la mia (pessima, secondo alcuni) abitudine di dire fuori dai denti come si operava allora in termini di fiducia e di credito bancario alla piccola impresa. Di rapporti difficili (eufemismo!) dentro quell’ectoplasma inutile che era ilCoordinamento Imprenditori, alla luce dei troppo diversi e divergenti interessi delle singole categorie economiche. Senza tralasciare l’antipatia personale che suscita in Trentino chi, come me, non privilegia né i rituali né il politicamente corretto quando sono a discapito della chiarezza, della trasparenza, della verità. Il 7 agosto, Bort diventa presidente. E subito non mantiene l’impegno di affidare, nel rispetto dellaparola e dei voti ricevuti, la vicepresidenza vicaria della CCIAA al mondo artigiano. Mentre mantiene quella presidenza di Confcommercio che il minimo di etica, da figura super partes, dovrebbe perlomeno sconsigliare. E continua anche lui, semplicemente, a presidiare. Né peggio né meglio del suo predecessore. Anzi. Allo stesso modo del suo predecessore. Con le Giunte camerali che non servono a nulla ed il Consiglio camerale ancora a meno. Eppure tutti noi – Associazione, Confcommercio, Confesercenti – avevamo assunto l’impegno di cambiare le cose. Di fare diventare la Camera il punto di incontro di tutta la rappresentanza economica e sindacale del Trentino. Di trasformare la Camera nel luogo dove si elaborano, tutti assieme, i nuovi progetti ed i nuovi modelli economici non da farsi imporre dalla politica, ma da proporre alla politica. Di mettere la Camera nella condizione di essere il motore dell’internazionalizzazione delle imprese trentine e la vetrina in cui esporre i prodotti del territorio. Tutti, indistintamente. Non solo quelli utilizzati, a chiusura di ogni anche minimo evento della Camera di Commercio, nell’immancabile ed atteso buffet finale. Insomma – senza tirarla troppo in lungo, trenta mesi dopo – posso tranquillamente affermare che non è questa la Camera di Commercio che avevamo immaginato o che immaginiamo. Quindi, a partire da adesso, i rappresentanti artigiani in CCIAA si comporteranno di conseguenza. Non abbiamo mai cercato sedie perché abbiamo qualche sedere da fare accomodare ma perché abbiamo persone capaci, disposte a mettersi al servizio della comunità. Non siamo mai stati e non siamo abituati – citando Tomasi di Lampedusa de Il Gattopardo – a “cambiare tutto perché nulla cambi”. Non vogliamo essere né accusati di avere mancato le promesse né trascinati nelle sabbie mobili del buonismo a tutti i costi, in nome di una pacifica convivenza tra le categorie economiche del Trentino. Al contrario. Ritengo sia il momento di uno sforzo secco e deciso, necessario per tirare fuori la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura dalle sabbie mobili in cui è andata lentamente scivolando in questi anni. Con tutta probabilità, più per ignavia che per malafede. Di quanti hanno scelto di assumere solamente l’onore, e non anche l’onere, di amarla e condurla.

DATA DI PUBBLICAZIONE

07.03.2017

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