Le api operaie

Marinella e Petra Caldini | Lavalux

 

Lavorare. E’ questo che ci piace. Niente di più e niente di meno.

 

Nella loro lavanderia, c’è un viavai continuo: entrano persone e vestiti ed esce uno spaccato di umanità caratterizzato da storie, manie, paure e tradizioni.

Da dietro il bancone, fra gli sbuffi di vapore, oltre al loro servizio impeccabile e alla loro ormai proverbiale competenza, Marinella e Petra Caldini – madre e figlia – dispensano sorrisi, professionalità, battute e leggerezza.

Nella consapevolezza che quelli che per molti sono semplici indumenti, per qualcuno sono ricordi, speranze, testimonianze e opportunità.

E le artigiane Caldini daranno il meglio per preservarle.

Il mondo cambia.

E noi resistiamo.

In una fresca mattina d’inizio autunno, le porte della lavanderia Lavalux di via Romagnosi, a Trento, sono spalancate. All’interno, ci aspettano Marinella Caldini e sua figlia Petra, avvolte nel caldo profumo del pulito. Lo sciabordio ritmico e costante dei motori delle lavatrici, accompagnato dai fischi delle caldaie e dei ferri da stiro, fa da colonna sonora alla nostra intervista

D: Marinella, come fa a resistere una lavanderia nel 2023? 

R(M). Stai qui qualche ora e lo capisci al volo! In molti pensano che una lavanderia non abbia più senso di esistere oggi, ma in realtà al momento a noi il lavoro non manca. Certo, è meno di una volta, ma di gente ne arriva ancora molta e di continuo. Da noi entrano ragazzi trafelati, con sulla gruccia le camicie bianche stropicciate da stirare in tempo zero, perché un’ora dopo andranno a discutere la tesi di laurea; sofisticate signore con borsoni carichi d’ abiti dal taglio sartoriale; mamme con ingombranti e preziosi abiti da sposa delle figlie… e poi i costumi antichi che ci mandano i musei…. Insomma, ad oggi il lavoro non manca, tant’è vero che siamo ancora qui in due.

D: Eppure, qualcosa è cambiato rispetto a una volta… 

R (M): Naturalmente. E’ cambiato tutto! Una volta, militari e dipendenti pubblici indossavano le divise e, più in generale, le persone avevano nel guardaroba qualche vestito “buono”, realizzato con materiali pregiati che non si fidavano a lavare in casa. Capi preziosi, a cui tenevano e proprio per questo li portavano da noi. Ricordo ancora i tempi in cui avevamo qui le montagne di cappotti in lana e dovevamo lavorare anche il sabato per stare al passo. Oggi è tutto diverso: in generale, l’abbigliamento è molto più informale e, comunque, i tessuti sono ormai molto scadenti. Oggi gli abiti sono usa e getta e lo stesso vale per le divise: nei pochi settori in cui resistono,  non sono comunque realizzate in materiali di pregio.

D: Se le persone non frequentano piu’ le lavanderie è anche una questione culturale? 

R (M): Più che di cultura, forse, di conoscenza: il lavaggio a secco aiuta anche a preservare le caratteristiche dei tessuti e andrebbe usato a maggior ragione quando la qualità dei materiali non è altissima, per aumentare la durata dei capi. Oggi più che mai, il nostro è un lavoro di responsabilità: spesso le etichette sono imprecise e a volte è davvero complicato capire quale sia il lavaggio corretto per un determinato capo. Ci sono abiti che lascio appesi per qualche giorno prima di affrontarli, tanta è la paura di rovinarli. Eppure anche questo fa parte del lavoro e questa sfida costante è forse una delle motivazioni per cui mi piace farlo.

D: E a te, Petra? Cosa piace del tuo lavoro? Lo hai scelto, o sei stata in qualche modo “costretta”? 

R (P): Un po’ e un po’…  A volte la vita sceglie per te. Da bambina avrei voluto fare una professione che riguardasse la natura. Che so, la veterinaria, occuparmi degli animali…. ma poi mia madre aveva bisogno di qualcuno e ho deciso di supportarla. Oggi sono felice, anche se – onestamente – non so se lo rifarei. Mi piace questo lavoro, ma non è facile lavorarecon un proprio familiare. E poi qui siamo sotto controllo sempre.” – sorride amaramente, stringendo il ferro da stiro che non molla nemmeno per un secondo durante tutta l’intervista – Io e mia mamma ci siamo imposte di fare la pausa caffè assieme tutti i giorni, per staccare un attimo e per parlare in pace, senza rumori e senza interruzioni: 10 minuti, non di più. Eppure, non di rado, i clienti si sono lamentati perché venivano proprio in quel momento e non eravamo “al nostro posto”. Ma in fondo anche noi abbiamo una vita: non è semplice stare qui con il rumore costante e l’attenzione sempre a mille per non sbagliare. E poi siamo multitasking!

D: In che senso? 

R (P): Nel senso che facciamo mille cose contemporaneamente. Rispondiamo al telefono, ritiriamo capi, li riconsegniamo, facciamo conti, carichiamo le macchine, stiriamo…. oltre a tutto quello che chi non vive qui tutti i giorni non può nemmeno immaginare!

D: Ad esempio? 

R (P): Manutenzione dei macchinari, svuotamento e sostituzione di filtri, sostituzione delle valvole, movimentazione di detersivi o rifiuti pericolosi… Tutto cose che facciamo principalmente in autonomia. Qui è una sorta di laboratorio chimico dove entra lo sporco ed esce il pulito…  il nostro non è propriamente un lavoro leggero e “da signorine”, anzi. Richiede forza, competenze meccaniche e chimiche. E forza.

D: Non lo avrei sospettato. Ne siete orgogliose? 

R (P): Ma ovvio! Quando hai fatto da sola una riparazione, o hai intuito il problema solo sentendo un rumore, beh, è una soddisfazione enorme! Sai che bello rientrare a casa e pensare: “sono stata proprio brava e ci sono riuscita da sola!”. Ormai abbiamo sviluppato un’esperienza tale, che chiamiamo il nostro tecnico di fiducia in casi rarissimi! Insomma, siamo un bell’esempio di autonomia.

D: E a proposito di autonomia: cosa direste ad una ragazza che vuole intraprendere il vostro mestiere? 

R (M): Innanzitutto, non è così facile non solo dal punto di vista pratico, ma anche e soprattutto da quello legale: se noi volessimo vendere, potremmo farlo solo ad una persona che ha lavorato per almeno due anni nel nostro settore. Detto questo, a chiunque voglia affrontare un ruolo imprenditoriale, suggerirei innanzitutto di armarsi di pazienza e di forza di volontà e di preparasi a fare qualche sacrificio… queste caratteristiche sono necessarie oggi più che mai. Io sono partita in un periodo buono, in cui c’era molto lavoro e altrettanto benessere. Come settore, andremo a scomparire e lo sappiamo. Siamo sopravvissute quando ci hanno imposto il cambio di tutti i macchinari con quelli a circuito chiuso: abbiamo fatto tanti debiti, ma il lavoro allora era molto e siamo riuscite a ripagarli. Oggi non sarebbe così semplice.

R (P): Tornando alle ragazze che vogliono intraprendere il nostro mestiere, io ci terrei ad aggiungere una cosa: servono spalle larghe. Fisicamente, viste le fatiche necessarie, ma anche in senso figurativo: noi siamo dei social viventi, non abbiamo un capo e rispondiamo sempre in prima persona, nel bene e nel male. In caso di contestazione, la verità è sempre quella del cliente, perché ormai da fuori le persone vedono “l’azienda”. Invece in realtà, dietro alla Lavalux, ci siamo noi: Petra o Marinella, due donne che fanno del loro meglio e che, lavorando, una volta ogni mille anni possono anche commettere un errore, come chiunque.

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