L'elfo di Natale

Patrizia Bertoldi | Tecnotek

Mai perdere l’ottimismo

Ha il sorriso puro e luminoso di una bambina, il corpo snello e muscoloso di una teen ager sportiva e la saggezza disarmante di un’anziana che nella sua vita ha visto tutto. In lei convivono un’imprenditrice di successo, un’artigiana creativa, un’instancabile operaia, un’abile camionista, una mamma dolcissima e una guerriera battagliera e passionaria.

Per descrivere Patrizia Bertoldi le definizioni e gli aggettivi potrebbero non finire mai ed ogni anno se ne potrebbero trovare di nuovi, perché il destino sembra proprio che voglia metterla alla prova.

Ogni volta che la vita prova a metterla in ginocchio, lei si rialza, più forte e decisa di prima. Tutte le esperienze che incamera, le trasferisce sottoforma di coraggio alla sua piccola Nara, una bimba che ancor prima di nascere ha dovuto affrontare prove durissime. Eppure, continua a sorridere, esattamente come fa la sua mamma.

Quando un incidente è la tua fortuna....

capisci che nulla può abbatterti

Patrizia è un folletto. La chiamano da una parte all’altra dell’azienda, parla molto e corre di più.

Quando arriviamo la prima volta alla Tecnotek per la sua intervista, non la troviamo: è scappata via per un’emergenza, guidando un camion con un container come rimorchio; torniamo qualche giorno dopo ed eccola in magazzino, alle prese con le lucine che serviranno per l’albero di Natale che verrà posizionato a Trento, in piazza Duomo.

La nostra chiacchierata inizia in sala riunioni, ma viene interrotta più volte dai collaboratori e dall’arrivo di forniture da scaricare con il muletto (ovviamente, è Patrizia ad occuparsene). Fra un’attività e l’altra, questa donna multitasking ci racconta la sua rocambolesca storia. Ogni tanto il nodo in gola tenta di interromperla, ma lei lo ricaccia indietro e riparte con un sorriso sincero, carico di gratitudine.

D: Patrizia, partiamo dalla fine. Come ti sei ritrovata a fare “la piccola aiutante di Babbo Natale”?

R. La mia storia ha dell’assurdo, preparati! Nel 1999, quando avevo vent’anni, lavoravo come commerciale per un’azienda di telefonia. Ho fatto un incidente pazzesco e sono rimasta ricoverata per giorni. Quando un po’ ho iniziato a riprendermi, nelle corsie dell’ospedale ho incontrato Roberto, anche lui reduce da un grosso incidente. Chiacchierando, sono rimasta folgorata dal suo lavoro: gli addobbi di Natale. Fin da subito fra noi si è creata una specie di alchimia, un’affinità di pensiero… come ci conoscessimo da sempre, come fossimo fratello e sorella. E così siamo rimasti in contatto. Una volta  uscita dall’ospedale, lui è diventato mio cliente, ma subito abbiamo iniziato a collaborare, finché nel 2004 sono entrata in società con lui in Tecnotek, occupandomi del settore degli allestimenti natalizi.

D: … il lavoro che sogna ogni bambino…. immagino tu non faccia eccezione….

R: A dire il vero, io cosa sognavo da bambina non me lo ricordo nemmeno. Quell’incidente mi ha portato via una fetta di memoria in modo permanente, quindi… Poi considera che sono figlia di genitori separati, quindi immagino che il Natale per me fosse un periodo un po’ strano. A dire il vero, l’unico vero ricordo che conservo dei natali della mia infanzia, è la bourguignonne della cena della Vigilia: è una tradizione che tutt’ora porto avanti. Per il resto, vuoto assoluto: forse è anche per questo che oggi adoro il Natale e mi rende felice lavorarci tutto l’anno. E’ come se avessi conservato l’approccio della me bambina.

D: Davvero lavori per 12 mesi solo in vista del Natale? 

R: Certamente: i nostri clienti sono aziende e pubbliche amministrazioni in Italia e all’estero. Fine ottobre/inizio novembre e parte di dicembre sono dedicati all’allestimento; a gennaio/febbraio si smonta tutto e nei mesi successivi si verificano le condizioni dei materiali ritirati; intanto si tengono d’occhio le novità ed eventualmente si fanno acquisti per essere sempre al passo. Poi da primavera a estate ci si occupa della progettazione, si inviano le proposte e in autunno si comincia a preparare tutto per le varie commesse in entrata.

D: Tua figlia Nara ha 7 anni. Che dice del tuo lavoro? 

R: Ogni tanto viene qui e mi dà una mano come può, con dei piccoli lavori, come capita spesso ai figli degli imprenditori: è inevitabile. Comunque le piace e si diverte… quando può stare qui, è anche un buon segno: significa che sta bene.

D: Già, perché fino ad oggi non ha avuto una vita facile. Ti va di raccontarci della sua malattia?

R: Sì, lo faccio molto volentieri. Non per farmi compatire, ma perché sono convintissima che parlarne sia d’aiuto per tutte le famiglie che vivono un dramma come quello che abbiamo passato noi. Sono bombe devastanti, che quando deflagrano lasciano solo cocci. Come è successo a me: io e il papà di Nara non siamo riusciti a restare uniti dopo aver scoperto e combattuto la sua leucemia. Quando tua figlia passa da bambina a paziente oncologica, crolla tutto.

D: Da cosa vi siete accorti che qualcosa non funzionava? 

R: Una banalissima febbre che non passava. Era ferragosto 2018 quando la sua pediatra ci ha mandato al Pronto Soccorso: sono bastati 2 prelievi per avere una diagnosi che pesava come un macigno. In momenti come quelli, ognuno reagisce a modo proprio: all’inizio io ho pianto, poi ho deciso che dovevo rimboccarmi le maniche. Interminabili giorni in ospedale, presenza a fianco al suo lettino giorno e notte, avanti e indietro fra Mezzolombardo dove ho continuato a gestire l’azienda, Treviso, dove viveva il papà di Nara e Padova, dove era ricoverata. Il computer sempre acceso era la mia compagnia e la finestra sul mondo esterno, l’appiglio per non impazzire. Poi ne è uscita completamente, ma quei giorni sono indelebili nella mia mente.

D: E Nara?

R:  Nara…. Nara è una guerriera. Avrei dovuto capirlo subito: Quando ero incinta di poche settimane ho fatto un frontale a causa di una signora che ha imboccato la tangenziale contromano. Ho passato 3 mesi sulla sedia a rotelle e gli altri 6 sulle stampelle: né io né Nara abbiamo mollato e quando è nata era sana come un pesce. Poi, nel 2018, è arrivata la malattia: per fortuna era troppo piccola perché le restassero dei ricordi. Non posso dire lo stesso di quando si è presentata una recidiva nel 2020: una volta curata, le era rimasto il terrore degli elicotteri… le ricordavano la corsa a Padova dal Pronto Soccorso di Trento. Sembrava una semplice raucedine, invece aveva un linfoma in gola. Una volta superato anche quello, l’ho voluta portare al Nucleo Elicotteri, per farle capire che se lei era viva, era anche grazie a quel “pauroso” marchingegno  volante e a chi in fretta e furia l’aveva trasportata.

D: Oggi Nara sta bene?

R:  Attualmente sì. Ovviamente deve sottoporsi a controlli regolari. In questo momento i problemi sono altri, molto meno pesanti, per fortuna.

D: Cioè?

R: Hai presente la notizia di qualche mese fa, di una famiglia che ha fatto ricorso al TAR per far bocciare la figlia? Ecco… siamo stati noi. A causa della malattia e delle cure a cui si è sottoposta, Nara non ha potuto frequentare la scuola dell’infanzia con costanza e non era nelle condizioni di affrontare con serenità la scuola primaria. Nella scuola che frequentava, sostenevano che le avremmo rovinato la vita facendola bocciare in prima elementare, ma io ero consapevole che non aveva le basi: se avesse continuato, si sarebbe sentita inadeguata e ho ritenuto che fosse meglio per lei ripetere l’anno, così da metterla nelle condizioni di essere più serena e forte. Oggi è in un’altra scuola, di stampo montessoriano e la vedo felice.

D: Come hai fatto a sopravvivere anche come imprenditrice ad una tempesta simile? 

R: Sono una che non molla. Molti altri nella mia situazione hanno chiuso la partita IVA. Io, il lavoro me lo sono tenuto stretto: per me, in più di un senso, è stato in un’ancora di salvezza.  E ho voluto trasformarlo anche in un un modo per rendere un po’ più leggera la permanenza dei bimbi nel reparto di oncologia dell’ospedale di Padova. E’ una delle iniziative che mi rendono più orgogliosa! Ho messo assieme alcune associazioni fra Trentino e Veneto (gran fatica, te lo assicuro!) e abbiamo inaugurato una nuova tradizione: dal primo ricovero di Nara, tutti gli anni, allestiamo per Natale il giardino del parco su cui affaccia il reparto. Non puoi immaginare quale emozione si provi mentre si mettono le luci e si vedono incollati alle finestre i visetti increduli di questi bimbi, che ammirano “gli elfi” di Babbo Natale al lavoro…. Purtroppo, è tutto quello che posso fare per loro… Io spero sempre che qualcuno, anche in altre città, possa prendere spunto e riproporre la nostra stessa iniziativa, o che si aggreghi a noi per dare il suo contributo… ognuno per quello che può.

D: Dopo tutto quello che hai affrontato, come ti senti?

R: Fortunata. E grata. Perché io e Nara siamo ancora qui e possiamo raccontare la nostra storia. Ho moltissime sfide davanti, alcune che – ti assicuro- non augurerei nemmeno al mio peggior nemico. Cose che nessun bambino o genitore dovrebbe affrontare. Però ho imparato a prendere il buono e nonostante tutto, mi sento felice e realizzata, come mamma e come imprenditrice. Nel 2004 con Roberto abbiamo fondato la Christmas Division della Tecnotek Complements: e io ne sono amministratrice… se penso alla me stessa di quando avevo 20 anni non posso che farmi i complimenti. Sono figlia di imprenditori autonomi che hanno dovuto chiudere le rispettive attività, mentre io, dopo quasi 20 anni e con tutto quello che mi è accaduto, ho ancora un’impresa florida e la voglia di far sognare con i miei allestimenti. Ho sicuramente avuto supporto e un ottimo maestro, ma in generale, non voglio lamentarmi.

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