La maratoneta con l'ago

Tania Ravelli| Ravelli Sport

Zaino in spalla e camminare.

Ha il viso da ragazzina e la competenza di una professionista navigata. Con la serenità di chi conosce le proprie capacità, Tania Ravelli sta per ereditare l’impresa  di famiglia, fondata dal bisnonno oltre 100 anni fa.

Attualmente al suo fianco c’è ancora papà Sergio, ma lei ha già iniziato a correre da un po’ ed è ormai quasi pronta ad afferrare il testimone che lui le sta tendendo.

Già, perché anche se Tania ha provato ad allontanarsi e a seguire le sue aspirazioni, alla fine il cuore l’ha riportata a casa: in quel laboratorio dove da bambina giocava, fra fili, tessuti e gommapiuma, e dove oggi si sente realizzata, perché ama ciò che fa.

E poi… nel suo profondo, sente di appartenere a questo luogo: perché è qui, e solo qui, che può fare la sua parte per portare avanti l’azienda che ha fatto la storia della sua famiglia. E quella di migliaia di trentini e che, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, hanno portato in vetta il logo Ravelli, cucito su indistruttibili zaini da montagna che ancora li accompagnano. Con la consapevolezza che la pssione e la qualità artigiana non possono essere sconfitte. Nemmeno dal tempo.

"Quando ero invisibile...."

Dalle lacrime alle più grandi soddisfazioni

Ripercorrere la storia di Tania è come andare a teatro. Perché questa splendida trentenne dai morbidi boccoli castani che incorniciano un viso delicato, racconta la sua vita con una sincerità disarmante. Ascoltandola, hai l’impressione che abbia combattuto con le unghie e con i denti, ma che lo abbia fatto quasi in modo inconsapevole, perché si sofferma solo pochi secondi sulle difficoltà e dedica invece molto più tempo a raccontare cosa la rende felice.

D: Tania, com’è lavorare con papà?

R. Difficile… ma anche divertente….Perché mio papà è una persona divertente… insomma, lo vedi anche tu: è un personaggio. Poi ha una competenza incredibile e delle conoscenze pazzesche. E vuole sempre avere l’ultima parola: in un certo senso, è proprio questo che rende le mie giornate interessanti. Lui ha le sue idee e io combatto per scardinarle. E’ una sfida continua…

D: Sembri tanto tranquilla, ma invece sotto sotto sei ribelle… 

R: Più che ribelle sono determinata. Se una cosa non mi riesce, non mollo: insisto finché non riesco a realizzarla. Non sai che battaglie con certi lavori….

D: Ad esempio?

Ad esempio quando devo cucire le tele per gli agglomerati di quarzo per il settore edilizio: negli ultimi anni è diventato questo il nostro core business. Si  tratta di pezzature enormi, pesanti da maneggiare e da cucire e difficili da gestire. A volte si rompono gli aghi e all’inizio lavorarli era per me un inferno… quante lacrime! Però poi ho capito che potevo farcela. Andando avanti, credo di essere maturata molto: oggi mi è molto chiaro che in un modo o nell’altro, per tutto c’è sempre una soluzione. E’ per questo che non mi non mi faccio spaventare da nulla.

D: Quindi ora Ravelli Sport non fa più zaini?

R: Ma no, figuriamoci! Facciamo zaini, borsoni e accessori per l’outdoor, lavoriamo per conto di molte società sportive, ma i nostri clienti sono quelli che capiscono che i prodotti artigianali hanno costi un po’ più alti.  Un approccio che va bene per molti, ma non per tutti. Ecco perché abbiamo dovuto affiancare a quello storico degli accessori outdoor anche un altro filone di produzione, quello edilizio. La richiesta c’era e noi abbiamo risposto.

D: La qualità al primo posto, quindi. 

R: Certo. E’ così da quando esistiamo come azienda. Vedi, un nostro zaino dura una vita, motivo per cui le riparazioni sono gratuite per sempre sui nostri prodotti. La qualità è fondamentale per mio padre e lo è anche per me, è proprio una cosa a cui non riusciamo a rinunciare, ci teniamo moltissimo… io, per dire, quando entro in un negozio e vedo dei capi a pochi soldi, mi chiedo subito: chi li avrà prodotti? Quanto saranno state pagate le persone che li hanno lavorati? Ma non è solo questo: è anche una questione di

D: Oggi come oggi, però, se si vogliono fare i numeri si è quasi costretti ad andare all’estero… 

R: Purtroppo è così, ma a noi non piacciono i compromessi e non abbiamo mai voluto accontentarci. Non aspiriamo ad avere un’azienda enorme, se questo significa abbassare la qualità e svilire il lavoro artigianale. Prima della globalizzazione, avevamo12 dipendenti. Poi, come molte altre aziende, abbiamo dovuto scegliere se chiudere o esternalizzare. Molti degli imprenditori che oggi guidano dei colossi del settore abbigliamento/accessori outdoor, erano partiti con mio padre e lui ci si confrontava abitualmente (alle volte lo chiamano tutt’ora, vista la sua grande esperienza!!): loro hanno scelto di produrre all’estero e sono cresciuti; lui ha trovato un’alternativa: produrre altro. Ora siamo in meno e gran parte del nostro fatturato arriva dal settore edilizio, ma non abbiamo tradito i nostri valori.

D: Tu sei contenta di questa scelta?

R: Sì, perché anche io credo nell’artigianato, nell’attenzione al dettaglio, nella qualità. Se penso al domani, vorrei sicuramente avere qualcuno ad affiancarmi, ma non sogno di diventare una grande azienda, vorrei portare avanti un’attività artigianale e magari semplicemente avere qualcuno con cui confrontarmi per mettere a terra alcune delle mie idee.

D: Oggi non lo fai?

R:  Mi piacerebbe, ma non ne ho il tempo. Ho dovuto ridurre anche gli orari dell’apertura al pubblico del punto vendita, proprio perché altrimenti, a causa delle continue interruzioni, non riesco a concentrarmi e a portare avanti i lavori come vorrei. Sai, vorrei magari un giorno avere una dipendente in laboratorio, ad esempio una ragazza, che mi aiuti con il lavoro pratico, ma soprattutto con cui potermici confrontare… al momento ho tanti sogni, ma non ho il tempo di realizzarli.

D: Come lo immagini il tuo futuro, Tania?

R:  Io sono una persona che vive il presente: faccio fatica ad immaginare il domani. Comunque, facendo uno sforzo di immaginazione, il mio futuro lo vedo sicuramente qui. Magari in un’azienda un po’ più femminile. Mio padre ha sempre avuto una propensione netta verso gli aspetti più tecnici, mentre io, in generale, credo di avere una cura spiccata per i dettagli. Da quando sono qui, il mio contributo più importante è stato nel restyling nel punto vendita: ho voluto renderlo curato ed elegante.In generale, però, credo di non aver ancora dato un profondo contributo al cambiamento dell’azienda e mi piace pensare che  il meglio debba ancora arrivare.

D: Sei molto fiduciosa… 

R: Lo sono di natura, ma il mio non è un ottimismo da sognatrice. Colgo i segnali: ho sempre più l’impressione che ci sia davvero un ritorno ai valori di un tempo e che ci sia una crescente consapevolezza anche nei clienti. Soprattutto in quelli giovani. Ne arrivano qui spesso, alla ricerca di prodotti solidi, robusti e resistenti e sono disposti anche a pagarli di più, perché comprendono il valore del lavoro artigianale e delle materie prime di qualità. E per me è bellissimo capire chesiano sulla stessa lunghezza d’onda. Sono i valori che ho io, me li ha trasmessi mio padre e a lui sono stati trasmessi da mio nonna…  La filosofia dell’azienda fa parte di me, io l’ho respirata da sempre, fa parte dell’eredità che io sto prendendo in carico.

D: A questo proposito: non ti spaventa l’idea di essere qui un giorno senza papà, completamente autonoma sì, ma anche senza la sua esperienza?

R:Onestamente, no. Le sfide più importanti, credo di averle già superate. In questi anni di convivenza con mio padre, ho messo il naso in ogni singolo settore dell’azienda. Amministrazione, fornitori, produzione, commerciale… l’esperienza mi ha aiutato a capire che si risolve sempre tutto e non esistono problemi insormontabili. Conosco i materiali, li domino…. mi sono fatta le ossa e quello che non so, lo imparerò. Ma senza ansie.

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