Why not?

Traduzione in italiano “perché no?”. Avverto subito il lettore che non si tratta né del primo titolo in inglese sulla copertina della nostra rivista né del richiamo a quella nota inchiesta della magistratura che dieci anni fa, in tema di finanziamenti ed appalti, ha visto coinvolti politici, magistrati, imprenditori di respiro nazionale. Molto più semplicemente not sta ad indicare il nuovo ospedale trentino, un’opera da 330 milioni di euro che, nelle intenzioni della politica, dovrebbe essere il fiore all’occhiello della sanità provinciale. Sempre che la politica provinciale abbia un piano in proposito e, magari, decida che cosa fare anche delle altre strutture ospedaliere. Se chiuderle o ridurle a semplici presidii di zona. O, piuttosto, continuare a riconoscere loro una dignità di ospedale. Anche se, talvolta, sembra farlo non tanto in funzione della necessità espressa dal territorio quanto, e soprattutto, della forza messa in campo e della pressione esercitata dai politici che nel territorio, come si usa dire, sono di riferimento. Perché proprio questo mi sembra dimostri il mantenere i punti-nascita, a Cavalese e Tione, nel momento in cui li si sopprime in altre importanti realtà quali, ad esempio, l’Altogarda. Senza dimenticare come siano trascorsi appena dodici anni dall’inaugurazione dell’ospedale di Arco e dai 150 milioni di euro spesi per la sua costruzione. Senza dimenticare come la sanità trentina, che peraltro funziona rispetto ad altre realtà italiane, costi alla collettività ogni anno un miliardo e 300 milioni di euro. Senza dimenticare come nessuno si scandalizzi più se, poco a nord di Trento, crolla un pezzo di ospedale del paese e la politica, anziché procedere a dismettere la struttura ed accorpare i servizi al Santa Chiara, impieghi diverse decine di milioni di euro per ricostruirlo. Ben sapendo che l’utente, alla prima seria necessità o difficoltà, saluta con gioia l’ospedale del paese per rivolgersi direttamente al Santa Chiara. Ma non è il tema strutture sanitarie quello che desidero trattare in queste righe. Piuttosto, nel tornare al not, ritengo che la sua ideazione, progettazione, realizzazione potrebbe essere un’occasione da cogliere per dare vita veramente a quel sistema trentino – sempre citato in ogni discorso e mai concretizzato – che vede operare insieme tutte le componenti della comunità in vista di un obiettivo comune. Nel reciproco rispetto dei ruoli. Con la politica impegnata nel perseguire un progetto di ampio respiro, con le categorie economiche disponibili a collaborare tra loro per realizzarlo, con il credito locale determinato a reggerne l’impatto economico, con la collettività motivata e partecipe ad una ricaduta da 330 milioni di euro. Non solo per sciocca smania di autarchia ma anche per intelligente opportunità di territorio. E, pertanto, sarebbe bello vedere sedute ad uno stesso tavolo di lavoro – alla ricerca di un’intesa e con la benedizione delle rispettive associazioni di categoria – imprese industriali, artigiane, cooperative. Dell’edilizia, dell’impiantistica, dei servizi. Senza che nessuna abbia a pretendere di essere considerata più meritevole, più organizzata, più brava.. a priori. Senza che nessuna sgomiti o voglia dettare norme, regole, strategie. Senza che nessuna guardi all’appartenenza nel definire il coordinamento tecnico-operativo chiamato alla regia delle imprese impegnate nel progetto. Anzi. Che la regia vada attribuita, al di là delle etichette, semplicemente agli uomini migliori. Allo stesso modo, io ritengo che in Trentino ci siano molti professionisti e studi di progettazione – preparati ed all’avanguardia tanto in tecnologia quanto in soluzioni – che sanno sostenere benissimo il confronto con analoghe realtà nazionali ed internazionali. Che sono capaci di produrre idee e di saperle mettere nero su bianco. Che sono bravi a trovare le imprese più adatte per un determinato lavoro ed altrettanto bravi nel realizzare “fisicamente” quelle idee. In altri termini, io penso che ci siano professionisti e studi che possono non solo reggere il ruolo di progettista ma anche quello di general contractor. Senza più accontentarsi, come fa oggi qualcuno, di essere un presidio territoriale o un semplice subappaltatore per aziende non trentine. Insomma, mi piace pensare a persone che sappiano assumere il ruolo di guida. Che sappiano portare il peso di onori e oneri. Che, come scriveva Oscar Wilde, “preferiscano essere protagonisti della propria tragedia che spettatori della propria vita”. Anche se non è affatto semplice essere tali in un territorio dove la fa da padrone l’invidia, l’ipocrisia, il conformismo. Dove il provincialismo dominante spesso valorizza chi trentino non è, anche se ha poco o nulla da dire, a discapito di chi ha molto da dare ma che è solamente il nostro vicino di casa. Dove ognuno preferisce tenersi stretto l’orticello piuttosto che metterlo in comune con altri orticelli per avere, tutti, uno spazio più grande in cui vivere, lavorare, avere successo, produrre ricchezza personale e collettiva, crescere. Dove mi piacerebbe che un qualche valido imprenditore trentino – e ce ne sono – avesse adesso la voglia ed il coraggio di annunciare “mi faccio carico io di mettere in piedi una cordata locale che concorra alla realizzazione della nuova struttura ospedaliera”. Temo che non sarà così e, ancora una volta, attenderò in Associazione la stessa visita di qualche anno fa, quando il primo bando not (successivamente annullato) andò ad una cordata romana. Con un educato amministratore delegato a chiedermi di mettere a disposizione le migliori imprese artigiane dell’impiantistica per la manutenzione richiesta dal nuovo ospedale trentino. Manutenzione che, per ovvi motivi, doveva essere solo locale. E mentre io, con altrettanta educazione, rispondevo “non posso e non voglio dare il nome di un’impresa associata a discapito di un’altra” pensavo sia al denaro prodotto dalle imprese del territorio e destinato alle tasche del general contractor romano sia a chi avrebbe fatto poi il prezzo di ogni prestazione. Magari attraverso una continua “asta al ribasso” tra le nostre imprese locali. Oggi mi auguro si possa fare qualcosa di nuovo e diverso. L’Associazione Artigiani è a disposizione. Why not?

DATA DI PUBBLICAZIONE

02.11.2016

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