Percorso Argilla. Dalla cenere al blu cobalto: il viaggio alchemico di un maestro ceramista
di Genny Tartarotti
Pratico, diretto, senza fronzoli: nel suo laboratorio si lavora, si sperimenta, si impara facendo.
Se vuoi imparare a fare una tazza, ti insegno a fare una tazza.
A parlare è Ivan Righi, artigiano della Vallagarina, ceramista, che del suo amore per la lavorazione dell’argilla ne ha fatto una professione. Nel 2012, è nato così “Percorso Argilla”: un progetto didattico che ha riscosso un grande successo.
Nessuna teoria astratta, solo esperienza concreta.
Il suo lavoro si muove lungo un doppio binario. Da un lato, produce stoviglieria dal design essenziale e dai colori naturali, ispirata alle tendenze contemporanee. Dall’altro, trasmette le antiche tecniche di lavorazione dell’argilla, con un approccio archeologico e sperimentale che attira giovani studiosi e appassionati.
L’arte di insegnare oltre che di creare
Righi infatti non è solo un artigiano, è un maestro.
Spesso l’artigiano vende il prodotto finito, ma non spiega come realizzarlo. Io invece amo insegnare. È un mio modo di essere. Mi piace condividere con gli allievi l’amore per questa arte.
I corsisti non sono mai più di 10 al mese perché, sottolinea,
è fondamentale poter dedicare loro il giusto tempo.
Consigli per chi vuole iniziare
A chi sogna di fare il ceramista, Righi consiglia di partire con una strategia chiara e di contenere le spese. “Ci vogliono anni per avviare un’attività. Qui in Vallagarina, il 70% delle mie allieve vorrebbe lasciare il lavoro per fare questo, ma il rischio è che tutti producano pezzi identici, senza un’identità propria. Per emergere serve originalità e una forte identità artistica, altrimenti si rischia di non distinguersi dalla concorrenza”.
I corsi, che Righi tiene nel suo laboratorio in centro ad Ala, sono curati nei minimi dettagli in modo da offrire un’esperienza unica, storicamente accurata e immersiva.
Le varie proposte attraversano la storia della ceramica: dal Neolitico alla porcellana contemporanea, passando per il bucchero etrusco, la ceramica greca e le tecniche giapponesi.
Si lavora come si faceva un tempo: si ricreano gli strumenti antichi, come le spatole in osso, si brunisce l’argilla con i sassi, si accende il fuoco con due pietre focaie. Non voglio solo ricreare le tecniche, ma anche il contesto di allora e le emozioni di chi viveva in quei tempi.
L’unico strumento moderno che Righi utilizza è l’orologio.
Senza, non saprei controllare il tempo, confessa con un sorriso.
Tecniche uniche e materiali inediti
Nel suo spazio, la sperimentazione è continua. Per Righi la ceramica è un incessante percorso di ricerca, un dialogo tra materiali, tecniche e territorio. Il tornio è la sua tecnica preferita, scelta per la sua complessità e per la sfida che rappresenta: un equilibrio sottile tra abilità e sensibilità. Nel suo processo creativo il legame con la natura è essenziale: utilizza soprattutto cenere di pino e argilla naturale, elementi che restituiscono alla materia una memoria autentica, radicata nella terra.
Il Trentino non ha una grande tradizione nella lavorazione della ceramica – spiega – ma l’Italia sì. Partire da questo patrimonio consente di riscoprire antiche tecniche e reinterpretarle in chiave moderna. Per innovare bisogna conoscere il passato.
E proprio il connubio tra identità, autenticità e innovazione rappresenta il filo conduttore delle sue creazioni.
Niente pennelli per le decorazioni: ma materiali organici come bucce di banana, caffè e fili di rame, che, a 800 gradi, rilasciano i loro minerali sull’argilla, creando effetti unici. Il suo laboratorio è l’unico in Europa a ottenere il caratteristico blu cobalto realizzato grazie a questa tecnica, attirando allievi anche dall’estero.
E poi c’è il bucchero etrusco, la raffinata ceramica nera e lucida, realizzata con un’antica cottura in atmosfera riducente. Stiamo riportando in vita questo metodo, ed è incredibile vedere il risultato, racconta.


Senza un piano, ma con una passione: il viaggio di Righi
Approdato alla ceramica senza un piano preciso, Righi si avvicina al mondo dell’argilla per puro caso. Inizia giovanissimo sperimentando insieme ad un amico che possiede tornio e forno. Poi inizia a dipingere bottiglie di vetro per le distillerie, avvicinandosi al mondo del vetro e della fusione. Nel 2008 lascia il lavoro per dedicarsi alla ceramica e al vetro d’arredo. Dopo una pausa, nel 2012, avvia il progetto didattico Percorso Argilla, scoprendo di possedere una vera passione per l’insegnamento. Nel 2023 riapre l’attività con una doppia anima: formazione e produzione.
L’argilla come memoria, il futuro come ispirazione
Il mondo della ceramica è antico, ma in continua evoluzione. Righi guarda avanti, sperimenta nuove tecniche, pensa a nuovi corsi.
L’ispirazione – dice – viene dalla vita stessa.
Schiacciare, tirare, strappare, modellare, incidere, livellare, rifinire, smussare, plasmare: lavorare l’argilla è un dialogo costante. Ogni gesto lascia un segno, una memoria nella terra modellata. E nel suo laboratorio, con le mani immerse nell’argilla, Righi lascia il segno non solo nelle ceramiche, ma soprattutto nelle persone.