Cosa sta sgretolando la nostra autonomia?

Devo dire che, dell’autonomia trentina, non ne so molto più di quanto si possa trovare nei testi di storia. E, allo stesso tempo, non mi interessano per nulla né le ripetute ipotesi del governo Renzi sull’abolizione delle regioni a statuto speciale né tantomeno i ragionamenti di formidabili esperti o le riflessioni di qualificati studiosi, almeno così li definiscono i media locali, sulla necessità di consolidare piuttosto che sull’urgenza di modificare l’attuale Statuto di autonomia. A me, al contrario, interessa di più capire che cosa oggi racchiuda l’affermazione, utilizzata in ogni discorso politico e buona per ogni occasione, più o meno pubblica, trentina: “dobbiamo salvaguardare e difendere la nostra autonomia”. Un’affermazione diventata mantra, leitmotiv, frase onnicomprensiva. Sia per quanti vi ricorrono quale slogan facile – che evita la complessità del ragionamento mentre, al tempo stesso, allontana la fatica di un’analisi vera sul cosiddetto Sistema Trentino – sia per quanti trovano rifugio nel luogo comune. Che, d’improvviso, diventa formula magica, offre certezza al pensiero incerto, distribuisce verità predefinita e non contestabile. “Qui da noi la sanità funziona” mentre aumentano i tempi di attesa e sempre più trentini cercano risposta di cura in Veneto o in Lombardia. “Abbiamo una scuola di alto livello” mentre sempre più diplomati il lavoro non lo trovano e sono obbligati ad andare via per giocare altrove il proprio titolo di studio. “Il sociale conta su un volontariato unico” che, tuttavia ed oggettivamente, ha assorbito ieri – e vorrebbe continuare oggi a far proprie – risorse non più disponibili. “Il welfare è modello da esportare” fingendo di ignorare che nella nostra provincia – né più né meno dimensionata come un quartiere milanese – sono possibili soluzioni altrove non percorribili. “Il sistema delle imprese crea ricchezza, dignità, benessere per tutta la comunità” scordando che ci sono ventimila persone accomodate nel calduccio degli ammortizzatori sociali mentre sempre più imprese, con l’alibi di internazionalizzare, di fatto delocalizzano e quindi, insieme al PIL, diminuisce anche il 90% di imposte che va ad alimentare il gettito fiscale provinciale, necessario a sostenere i servizi, il sistema, l’autonomia. “Università e ricerca sono ll’avanguardia” ma, io penso, nemmeno mai così lontane dalle imprese, orientate come sono più al produrre ponderosi studi di fattibilità e bibliografia assortita piuttosto che brevetti industriali. “La macchina burocratica è presente, forte, efficace e guidata da una classe politica responsabile” senza però ricordare che il pubblico in Trentino, tra enti locali e Stato, conta cinquantamila occupati contro i trentaseimila della maggiore categoria economica privata. Tralasciando, per carità di patria, di sparare sulla Croce Rossa se si guarda ai costi della politica ed alla candalosa vicenda dei vitalizi. Fino ad ieri sera, tuttavia, queste frasi fatte esprimevano una diffusa verità poiché avevano in comune la stessa madre. Quella madre che Barbara Lorenzi, presidente del Consiglio Comunale di Rovereto, descrive così “autonomia significa innanzitutto responsabilità, significa gestire sul territorio le risorse provenienti dal territorio, significa rispondere ai bisogni della comunità in maniera diretta ed immediata, significa assumersi gli oneri di una gestione efficiente dei servizi senza poter avere alibi”. Alla definizione desidero aggiungere che per me autonomia significa anche, se non soprattutto, visione. La capacità di immaginare il domani, il dopodomani, il dopodomani ancora della nostra comunità. È in questa ottica che, nella politica associativa, si sono progettati ed avviati la sanità integrativa per i nostri imprenditori, l’aiuto nella non-autosufficienza per dipendenti e collaboratori, la mutua artigiana quale strumento operativo anche di domani, considerate le ridotte risorse che saranno a disposizione. È in questa ottica che, nella politica provinciale, si è condiviso l’accordo di Milano del 2009 (sottoscritto da Dellai, Tremonti, Calderoli considerandolo un’accettabile declinazione dei principi della nostra autonomia) laddove si stabiliva che le risorse pubbliche dipendessero esclusivamente da quanto prodotto dall’economia trentina. Insomma siamo per la visione lunga, contro la visione corta di quanti hanno quale unico orizzonte le comunali del 2015 o le provinciali del 2018. Al contrario, noi vogliamo rigenerare un’autonomia robusta che, per essere tale, deve disporre di risorse adeguate, prodotte in Trentino. Vogliamo favorire la nascita o l’entrata di nuove imprese di (non “nel”) territorio. Vogliamo tutelare quelle esistenti con i fatti e non solo a parole; senza innalzare barricate ma anche senza aprire il territorio alla bassa qualità ed ai cacciatori di appalti pubblici. Vogliamo fare crescere le imprese in valore prodotto ed occupazione tagliando e togliendo, giorno dopo giorno, il peso non più tollerabile e non più sopportabile di una struttura burocratica diventata enorme. Peraltro chiamata, da subito, a riscoprire quel senso di appartenenza alla comunità perdutosi negli anni e negli interessi personali. Una struttura che oggi è a perfetta immagine e somiglianza tanto della classe politica quanto della comunità trentina. Dove il protagonista è quasi sempre l’io e quasi mai il noi. Il Presidente Roberto De Laurentis

DATA DI PUBBLICAZIONE

10.03.2015

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