Talvolta si deve cantare.. fuori dal coro!

La mia generazione non frequentava la cosiddetta istruzione primaria ma la cara, vecchia scuola elementare. Quella che prevedeva un orario di tre ore al mattino e due al pomeriggio, forse più rivolto all’apprendimento – se valutiamo i risultati – che alle pretese delle famiglie e degli alunni. Quella dove si andava tutti a piedi, non accompagnati prima e recuperati poi da mamme con tempo, risorse e SUV a disposizione. Quella del maestro unico per classi che contavano almeno venticinque scolari senza che ci si sentisse trascurati, non quella del tutor personale che accompagna indistintamente – sempre e comunque – al minimo titolo di studio. Quella del maestro educatore vero che dispensava qualche punizione più o meno giusta, e qualche salutare sberla, rinforzata a casa da genitori che, per questo, non si sarebbero mai sognati di sporgere querela. Quella del mio severo, temuto, amato maestro Mario che dedicava l’ultima ora del sabato all’educazione canora o, piuttosto, al canto. Con noi alunni in piedi, attorno alla cattedra, a formare un coro che lui pretendeva sapesse – spaziando dall’inno nazionale a quello trentino, da la Montanara a la canzone del Piave – “riunire, amalgamare, valorizzare tante voci diverse per diffondere armonie, sensazioni, sentimenti.” Allo stesso tempo il maestro chiedeva che tutti noi, stonati o intonati, imparassimo a cantare anche da solisti o, meglio ancora, da soli.. fuori dal coro. Poiché se il coro da una parte è armonia, dall’altra è anche uniformità, ripetizione, omologazione: mai alla voce più alta, a quella più caratterizzata, a quella da solista ma sempre a quella più bassa, a quella più normale, a quella da riempitivo. Una sorta di “scelta condivisa al ribasso” che è opposta “all’urlo innovativo del singolo”. Insomma, da parte di un maestro che intendeva l’insegnamento come una missione a tutto tondo, una lezione di vita che non ho mai dimenticato: se si cercano nuove strade, se si inseguono nuove intuizioni, se si sviluppano nuovi ragionamenti, se si ipotizzano nuove soluzioni è soprattutto allora che diventa necessario essere fuori dal coro. E così oggi, a quanti dentro la struttura ripetono il vecchio leitmotiv “l’Associazione deve fare solo sindacato”, ribadisco la mia convinzione personale: che il vecchio ritornello sia da confinare nella tradizione e in un momento storico precedente, trasformandolo in “l’Associazione deve fare anche sindacato”. Ritengo, infatti, che sia evidente ai nostri occhi come gli scenari sociali ed economici, negli ultimi anni, cambino ad una velocità neppure lontanamente paragonabile a quella del passato e dunque, se è opportuno seguire il cambiamento e se è necessario adeguare di continuo la propria struttura organizzativa, non si capisce perché non debba agire in tal senso anche la nostra Associazione Artigiani. Che con i corsi di formazione, le consulenze specialistiche, l’elaborazione dei cedolini-paga, la tenuta delle contabilità delle imprese è diventata, a tutti gli effetti, una articolata e complessa azienda di servizi. Una azienda di servizi che negli anni, grazie alla presenza massiccia e costante dei propri referenti tanto nelle attività della comunità quanto sui media locali, è stata capace di trasformare in un robusto servizio associativo il “fare anche sindacato”. Una azienda di servizi che, in questo periodo denso di difficoltà, si è impegnata a mantenere l’occupazione, determinata ad innalzare il livello qualitativo dei propri dipendenti, decisa a lasciare invariato il costo delle prestazioni fornite alle imprese associate. Una azienda di servizi dove ai nostri 253 dipendenti – che preferisco definire “collaboratori” – le imprese chiedono sempre più conoscenza e vicinanza alla propria realtà, sempre più professionalità nei rapporti, sempre più competenza nelle risposte. Mentre, allo stesso tempo, si è fatto più fragile il senso di appartenenza all’Associazione – esattamente come è accaduto prima ai partiti politici, poi ai sindacati – laddove la quota associativa diventa più una richiesta di supporto che una volontà di adesione. Fuori dal coro è oggi anche il titolo di una trasmissione televisiva che, al venerdì sera su TrentinoTV, il giornalista Stefano Frigo conduce assieme a chi scrive, parlando di economia in termini chiari, semplici, comprensibili a tutti. Non solo agli addetti ai lavori. Dove è possibile incontrare ed interloquire “in diretta” con i protagonisti della nostra comunità. Dove si parla di iniziative a tutela e sviluppo delle nostre imprese, di appalti pubblici, di nuove opportunità lavorative, di normative di legge e di novità fiscali. Dove l’Associazione Artigiani informa le imprese associate aprendo la porta alle non associate, qualunque sia la loro categoria di appartenenza. Anche questo significa essere fuori dal coro. Roberto De Laurentis – Presidente Associazione Artigiani di Trento

DATA DI PUBBLICAZIONE

07.04.2015

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