E tagliare dove si dovrebbe.. no?

Sono in casa ad Arco, in questo 13 luglio pomeriggio, quando il cellulare annuncia l’arrivo di un messaggio. L’sms di un artigiano che, scusandosi per l’irruzione nella giornata festiva, scrive testualmente: “ciao Roberto, volevo renderti partecipe di un mio ragionamento (o follia): in questi giorni leggo sul giornale di chiusure probabili o reali di reparti di ospedale e di tagli alla sanità. Non ti sembra sia più logico – prima di intervenire su un settore che, pur potendo essere migliorato, riguarda la salute dei cittadini – agire, ad esempio, sulle squadre degli operai provinciali della viabilità, dei bacini montani, dei forestali o di altri servizi generali che non solo incidono pesantemente sui costi dell’apparato pubblico ma che, addirittura, finiscono per essere di ostacolo alle realtà economiche di quei settori (prendendo così anche i famosi due piccioni con una fava)? Ma forse la faccio troppo semplice.” No, caro collega, non la fai troppo semplice. Al contrario tu scrivi esattamente ciò che la gente comune – quella che non se la tira e non fa strani ragionamenti politici, che lavora senza lamentarsi e non ha i sindacati a protezione – pensa. E non conta nemmeno molto che tu operi in un settore (so che non parli per interesse personale) dove si soffre quella concorrenza pubblica che, non avendo finora mai fatto i conti con le risorse disponibili, continua a permettersi lentezze, ritardi, inefficienze.. naturalmente a carico della comunità. In ogni caso – dando per scontato che la sanità trentina funziona ma che, da subito, avrebbe la necessità di essere completamente rivista – togliere oggi dei servizi qua e là denota mancanza di idee, improvvisazione, paura. A parziale scusante, imputabili all’incombente periodo delle vacche magre. Mentre, fino ieri, si è gettato denaro in strutture poco, male o per nulla utilizzate – talvolta, senza nessuna specializzazione e talvolta, per compiacere qualche barone della sanità – secolarizzando schiere di primari, di aiuto primari, di operatori sanitari assortiti. Si è perseverato in iniziative dal risultato incerto – leggi protonterapia – che, una volta ultimata, comporterà per la comunità un costo di gestione folle mentre sarà già tempo di rivederla tecnicamente. Si è continuato nella linea di una polverizzazione prima, e di una perdita delle professionalità poi, che oggi indirizza fuori provincia chi ha necessità di riscontro sicuro e soprattutto immediato. E, tanto per dire, penso alla clinica Pederzoli, agli ospedali di Negrar, Verona, Milano e via elencando. Ma adesso giù tagli – dove politicamente pesano di meno (!) – alla luce di una sanità finora voluta, potenziata, utilizzata innanzitutto in funzione elettorale. Quando si viveva il felice periodo delle vacche grasse. Ma adesso giù tagli – con l’alibi di elevare in qualità l’assistenza sanitaria – togliendola dalle periferie per concentrarla in strutture centrali: buona idea, da condividere, se fosse incastonata in un piano definito e non da ascrivere al lungo elenco degli interventi spot, finalizzati al puro recupero di risorse. Né più né meno come i tagli strutturali riservati alle Case di Riposo. Insomma, caro collega, la sanità pubblica va ridisegnata, mancano le risorse.. ma non per tutti! Così, nelle pieghe dei bilanci, si trovano sempre risorse per chiudere – in modo scontato e vergognoso – la brutta storia dei vitalizi ai politici ed ex-politici. Si trovano i 512 mila euro necessari per pagare – all’architetto Botta – l’ennesimo progetto (vedi Metroland et similia) che non chiedeva nessuno, non serviva a nessuno, non sarà mai realizzato da nessuno. Si trovano gli 8 milioni di euro necessari al Confidi per sostenere il leaseback della LaVis: un’impresa che se fosse privata – con un patrimonio di 3,7 milioni di euro, un fatturato di 84, un debito consolidato di 116 – avrebbe visto gli istituti di credito prendere a calci l’imprenditore, e non solo nei denti. Si trovano gli 1,2 milioni per dare ossigeno, sempre via leaseback (ma non era stato cancellato per sempre?), ad una nota cooperativa abituata a lavorare non bene e sottocosto senza, peraltro, che ci sia un problema di liquidità: da una parte, perché la famiglia di appartenenza non nega il giusto sostegno e, dall’altra, perché il politico non si dimentica di chi lo ha votato. Un leaseback che permetterà a questa, e ad altre realtà, di continuare tranquillamente – con il denaro di tutti – a fare concorrenza alle imprese vere (artigiane e non) cui invece viene centellinato se non negato il credito, cui viene consigliata la riconversione dell’attività, cui non è concessa alcuna agevolazione per motivo sociale: quasi che il dare lavoro, il creare e distribuire ricchezza, il tutelare e garantire la dignità dei lavoratori non sia già per l’impresa vera sufficiente motivo sociale. Mi fermo qui e, vista l’ora, me ne vado a letto mentre la radio, in sottofondo, trasmette un Franco Battiato d’annata “..sì che cambierà, vedrai che cambierà..” Splendido segnale, caro collega! Roberto De Laurentis

DATA DI PUBBLICAZIONE

16.07.2014

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