Il Trentino e la sfida del lavoro: “Servono più stranieri”

Il Trentino ha sempre avuto la fama di essere un territorio operoso, ma oggi la sfida più grande non è produrre di più, ma trovare chi possa farlo. Un tema sempre più dibattuto e di grande attualità, che trova conferma nei numeri. Nel 2024, un terzo dei nuovi lavoratori assunti in provincia proveniva dall’estero. In agricoltura la percentuale sale addirittura al 63%, seguita dal 33% nell’industria e dal 25% nel terziario. Dati che fotografano con chiarezza una realtà ormai evidente: senza la manodopera straniera, molti settori del sistema economico trentino rischierebbero di fermarsi.

Durante il convegno “Lavoratori stranieri e mercato del lavoro: sfide, strategie e prospettive future”, organizzato dall’Agenzia del Lavoro in collaborazione con Tsm – Trentino School of Management, il tema è stato affrontato con un approccio pratico: come garantire all’economia locale la forza lavoro di cui ha bisogno, senza creare tensioni sociali e sfruttamento.

Un territorio che invecchia

Il problema parte dai dati demografici. La popolazione trentina, come quella italiana, invecchia rapidamente e fa sempre meno figli. “Le risorse necessarie alle imprese non potranno essere trovate solo dentro la comunità locale – è stato detto in apertura –. Bisogna guardare all’estero, ma farlo con una progettualità seria, che tenga conto di casa, lingua e integrazione”.

Gli esperti parlano di “spettro della denatalità”, una minaccia che non riguarda solo il futuro, ma il presente. L’età media dei lavoratori cresce costantemente, anche tra gli stranieri. Nel 2024 gli over 54 sono aumentati di quasi il 10%, mentre il fabbisogno di nuova manodopera per i prossimi due anni è stimato, secondo la Camera di Commercio di Trento, in circa 17 mila lavoratori stranieri.

L’iniziativa “Ready to Work”

Tra le risposte concrete al problema, spicca il progetto “Ready to Work”, che porterà in Trentino cento lavoratori dall’Argentina a partire da dicembre 2025. Si tratta di persone selezionate e formate direttamente in Sud America, con corsi di lingua, sicurezza e competenze tecniche. Una volta terminato il percorso, i lavoratori otterranno un visto regolare per lavorare in Trentino. Le aziende che li accoglieranno garantiranno un contratto, un alloggio e l’accompagnamento all’inserimento. Un modello “win-win”, utile sia per le imprese e il territorio, sia per chi cerca una nuova opportunità di vita.

Imprese e sindacati

Le imprese chiedono meno burocrazia e procedure più rapide, soprattutto sul fronte del decreto flussi, spesso troppo lento rispetto ai tempi delle stagioni agricole o turistiche. I sindacati, invece, insistono sulla necessità di superare la logica dell’emergenza e di investire in formazione, accoglienza e diritti, per evitare che i lavoratori stranieri restino una forza “fragile e ricattabile”.

L’integrazione passa anche dalla casa

Un altro nodo cruciale è quello del tema abitativo. Se si vuole garantire stabilità ai nuovi lavoratori, è necessaria anche una rete di alloggi accessibili. Si è parlato, ad esempio, di riconvertire alberghi dismessi in residenze per lavoratori stagionali o neo assunti, con formule sperimentali di housing sociale.

Guardare avanti

Tutti concordano su un punto: la carenza di manodopera non si risolve da sola. E se è vero che cento lavoratori argentini rappresentano solo una “goccia nel mare” (lo 0,04% della forza lavoro trentina), è anche vero che da qualche parte bisogna cominciare.

Dall’incontro tra associazioni datoriali e sindacati è arrivato un messaggio chiaro: smettere di guardare all’immigrazione solo come a un problema. “Per anni si è detto che gli stranieri rubano il lavoro – è stato ricordato – ma oggi sono loro che lo garantiscono”.

Un pensiero condiviso anche dalla nostra Associazione:

Gli stranieri rappresentano una risorsa preziosa per il nostro sistema trentino. Con il loro contributo possiamo mantenere vivo uno dei pilastri fondamentali del nostro tessuto economico e sociale: l’artigianato. Sono parte integrante di un percorso che consente di trasmettere competenze, saper fare e tradizioni che caratterizzano la nostra identità territoriale. Investire nella loro integrazione significa investire nella continuità e nella qualità del nostro modello produttivo”.

Non si tratta solo di “tappare i buchi” del mercato del lavoro, ma di costruire un modello di integrazione che rafforzi la qualità e la sostenibilità dell’intera economia trentina.

DATA DI PUBBLICAZIONE

31.10.2025

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