L’ultimo numero della rivista l’Artigianato

Affrontare il tema del credito alle imprese non è certo cosa semplice, soprattutto quando si è all’affannosa ricerca di soluzioni, più o meno condivise e adottabili, per arginare un fenomeno ormai tristemente radicato nel sistema economico del nostro Paese: il c.d. “credit crunch” o stretta creditizia. Anche i lettori meno informati sul tema, navigando sul web o sfogliando riviste e testi specializzati possono osservare come la gelata sul credito alle imprese, soprattutto alle piccole e alle micro, sia riconosciuta anche dagli studi delle più autorevoli fonti quali lstat, Abi, Banca d’Italia per citarne alcuni. E il nostro territorio non è certo immune da questo fenomeno. Proprio Banca d’Italia, nell’ultimo rapporto sull’andamento delle economie delle provincie di Trento e Bolzano, ha messo in evidenza il “persistente calo del credito alle piccole aziende” che registra nel 2017 un valore negativo di 3,5 punti percentuali, compensato da un incremento (+4,3%) dei prestiti alle imprese medio-grandi. L’attendibile ufficio studi di Confartigianato Mestre ha fotografato l’andamento degli impieghi vivi (ovvero i prestiti al netto delle sofferenze) alle imprese negli ultimi sei anni, evidenziando per la provincia di Trento una variazione di -12,8% sul periodo indagato. Il timido segnale di ripresa tra il 2017 e il 2018 registrato ad aprile e pari al +2,1%, si è immediatamente affievolito scendendo a maggio all’1,2%. È pur vero che siamo fra le Regioni dove la diminuzione dei prestiti alle imprese artigiane è meno accentuata, ma non può certo essere di consolazione l’essere i primi fra gli ultimi! Dunque il perdurare della difficoltà di accesso al credito per le piccole e le micro imprese non è una denuncia priva di fondamento spesso superficialmente associata alle sole sensazioni degli artigiani in difficoltà o ai malumori dei soliti imprenditori lamentosi. Così come la premessa non è, contrariamente alle aspettative, il preludio all’ennesima, scontata contrapposizione ideologica tra istituti di credito e impresa, quanto piuttosto uno stimolo affinché tutte le forze in gioco, ciascuno secondo il proprio ruolo, assuma la responsabilità di individuare e condividere soluzioni adeguate per arginare la difficoltà finanziaria generata dalla stretta creditizia. La contrazione del credito aggrava la recessione e rende più lenta la ripresa perché contribuisce a scoraggiare la spesa per investimenti delle imprese. Ma il binomio banca-impresa è imprescindibile per raggiungere quel benessere economico che faticosamente sta riprendendo forma, nella consapevolezza che gli effetti della crisi impongono da una parte alle banche di raggiungere le migliori performance nell’erogazione delle risorse, dall’altra alle imprese di adeguarsi al cambiamento in ottica di merito creditizio investendo nel consolidamento della propria situazione patrimoniale – seppur quest’ultima dipenda da fattori esterni – ma soprattutto in conoscenza del funzionamento dei meccanismi di valutazione adottati dal settore del credito. La riflessione dunque impone il richiamo ai problemi di accesso ai finanziamenti generato da un sistema di rating delle piccole imprese, più o meno formalizzato, basato principalmente su metodologie a base statistica che fanno perdere valore a quelle informazioni qualitative (esperienza, professionalità, progettualità, competenza, storia, radicamento, ecc.) che hanno, o meglio dovrebbero avere, la funzione di indirizzare al meglio un affidamento bancario. D’altro canto la stessa BCE, per voce del Governatore Mario Draghi, aveva evidenziato la necessità di utilizzare i capitali con lungimiranza, sfruttando appieno tutta l’informazione e non solo i processi automatizzati e valorizzando il radicamento territoriale. L’esatto contrario di quanto recentemente accaduto ad un piccolo imprenditore artigiano – tanto per citare un caso – il quale pur registrando un fatturato in crescita, ha visto automaticamente aumentare il tasso sul fido “perché lo dice il sistema”. È anacronistico pensare che il sistema credito sia solo fonte di paradossi e non mancano certo gli esempi virtuosi, ma questi estremismi non isolati sono figli di una prudenza divenuta eccessiva da parte di chi ha il delicato compito di valutare l’erogazione di finanziamenti e, probabilmente, anche della carenza di un flusso di informazioni adeguato. Ed è proprio sulla variabile della relazione che le piccole imprese devono concentrare l’attenzione, capitalizzando il fattore “conoscenza” (formazione e informazione) per un dialogo alla pari con il mondo bancario e prendendo atto che se in passato l’accesso al credito è stato fortemente caratterizzato da dinamiche di relazione basate sui rapporti di conoscenza con la singola filiale, oggi ci troviamo di fronte ad uno scenario completamente differente in cui le valutazioni meramente economiche giocano un ruolo fondamentale per ottenere capitali. Il nostro sistema produttivo è geneticamente banca-centrico, e quindi, a giudizio di chi scrive, i piccoli imprenditori artigiani, ancorché obbligati dalla fase di transizione che stiamo attraversando, hanno l’opportunità di consolidare la conoscenza sui metodi di analisi adottati dagli istituti di credito acquisendo padronanza su quei fattori che determinano i finanziamenti ai loro progetti imprenditoriali. Naturalmente nella certezza che la loro Associazione è pronta sia ad accompagnarli in questo processo di addestramento, sia a vigilare sul rispetto degli impegni eventualmente assunti dalle controparti. Se da una parte dunque le imprese devono prendere coscienza che non si esce dall’impasse del blocco creditizio senza innovare anche il proprio capitale intellettuale che riflette sulla capacità relazionale con i finanziatori, dall’altra le banche, partendo dall’assunto secondo il quale non vi è crescita reciproca se gli investimenti delle imprese non hanno i capitali per essere realizzati, devono compiere il massimo sforzo per attenuare il rigore sul merito di credito e garantire un vantaggio finanziario sugli impieghi verso le imprese. Principio quest’ultimo rafforzato dalla presenza di un Confidi locale solido, oggi ulteriormente irrobustito nella sua azione dall’opportunità di offrire controgaranzie a prima richiesta grazie al recente accordo sottoscritto con il Fondo centrale di garanzia statale. Se a livello nazionale prosegue il confronto fra Confartigianato e ABI nel tentativo di consolidare le misure per contenere il calo costante dei prestiti alle imprese artigiane, a livello locale questa opportunità ci è offerta dal recente protocollo d’intesa proposto dal governo provinciale che invita le parti interessate (imprese, banche, Confidi e Provincia stessa) alla sottoscrizione di un impegno che individui azioni concrete, efficaci e realmente atte a favorire l’accesso al credito delle imprese di piccole dimensioni. Un fine ambizioso dunque, capace di creare un circolo virtuoso nel rapporto tra banche e piccole e micro imprese, a condizione però che ciascun anello della catena del credito garantisca il proprio impegno nel rendere più agevole il percorso di accesso al mercato dei finanziamenti. È fondamentale che queste iniziative possano dare risposta alla diffusa necessità di credito, anche perché, è bene ricordarlo, le perdite subite dalle piccole realtà imprenditoriali durante la crisi ha comportato l’erosione del capitale personale e il ricorso forzato alle risorse familiari, spesso a causa di situazioni generate da ritardi nei pagamenti da parte di terzi o dalle conseguenze di concordati o fallimenti di realtà più grandi. Senza dimenticare poi la “fame” di fiducia (e quindi etimologicamente di credito) delle nuove leve di imprenditori che risultano certamente strategiche per il futuro del comparto artigiano e delle piccole imprese in generale, ma che rappresentano il futuro bacino d’utenza per i servizi bancari nonché i nuovi generatori di reddito in chiave fiscale. Innovative o tradizionali che siano, le start up pagano oggi un prezzo troppo alto, quello della diffidenza che ne frena la nascita o gli investimenti primari per le conclamate difficoltà di accedere al credito se non a costi insostenibili o per mezzo di garanzie eccessive. Alle apprezzate misure agevolative sugli investimenti, occorre affiancare iniziative specifiche per un microcredito accessibile, personalizzato e sostenuto da un impegno formativo propedeutico. Non può mancare infine, in attesa degli sviluppi attesi, un accenno alla riforma del credito cooperativo che sta prendendo corpo. Il processo di cambiamento del modello bancario ci vede spettatori certamente interessati, poiché è lecito attendersi che l’avvento del nuovo gruppo bancario unico con poteri di coordinamento e soprattutto di indirizzo delle politiche di credito, condizionerà inevitabilmente il rapporto con il sistema produttivo trentino. L’auspicio è che le banche del territorio continuino a preservare la preziosa e autonoma funzione di supporto alle piccole e micro aziende, scongiurando il pericolo di un allontanamento del centro decisionale degli affidamenti alle imprese. Marco Segatta – Presidente Associazione Artigiani di Trento.

DATA DI PUBBLICAZIONE

09.08.2018

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