Intelligenza artificiale e artigianato: di cosa si tratta, potenzialità e rischi
Un approfondimento a cura di Nicola Maschio (giornalista di Associazione Artigiani Confartigianato Trentino)
Sicuramente è il tema del momento, tutti ne parlano e le sue applicazioni oramai si contano ben oltre le dita di una mano: è l’intelligenza artificiale, la cosiddetta IA che, in quest’ultimo periodo storico, sta iniziando ad occupare un ruolo sempre più centrale nella vita quotidiana (nonchè lavorativa) di tutti noi.
Ma cosa significa intelligenza artificiale? Quali sono i vantaggi di questo nuovo strumento, se così possiamo chiamarlo? E quali invece i rischi, legati al suo impiego nei più diversi settori e, soprattutto, alle sue crescenti capacità e possibilità di sviluppo? Rispondere a tutte queste domande non è certamente facile, ma ciò che osserviamo ogni giorno è, come accennato, un impiego sempre più profondo e a più livelli di questa sofisticata tecnologia.
Indubbiamente il tema ha toccato e sta toccando anche il mondo dell’artigianato. Tant’è che proprio la rappresentanza nazionale di Confartigianato, con un’indagine effettuata nel corso della scorsa estate, ha evidenziato alcuni dati importanti: l’espansione dell’intelligenza artificiale insidia il 25,4% dei lavoratori in ingresso nelle imprese nel 2022, pari 1,3 milioni di persone; per le piccole imprese fino 49 addetti la quota è del 22,2%, pari a 729 mila persone. Il 36,2% del totale degli occupati subirà l’impatto delle profonde trasformazioni tecnologiche e dei processi di automazione, anche se la percentuale italiana è inferiore di 3,2 punti rispetto al 39,5% della media europea relativa ai lavoratori esposti all’IA.
Dobbiamo considerare il progresso come una minaccia, oppure possiamo utilizzarlo a nostro vantaggio? Una domanda alla quale ha cercato di rispondere anche il presidente proprio di Confartigianato Imprese Nazionale, Marco Granelli:
L’intelligenza artificiale è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma va governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l’”anima” dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti che rendono unico il made in Italy.
L’intelligenza artificiale quindi come “alleato” dell’artigiano, come strumento da integrare nei processi ma non un sostituto della manualità e dell’ingegno dell’essere umano.
Ricordiamo che l’IA sarà il tema principale affrontato anche dal Gruppo Giovani della nostra Associazione:
il titolo sarà Scolpire il futuro: l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’identità artigiana
Appuntamento il 24 maggio, dalle ore 14 alle 14:45, durante il Festival dell’Economia di Trento
Per analizzare al meglio i temi che ruotano attorno a questo grande e profondo argomento, ma anche per darti la possibilità di approfondire ciò che più ti interessa suddivideremo questo articolo in diversi capitoli.
In particolare, risponderemo a diverse domande:
- Che cos’è l’intelligenza artificiale?
- Dobbiamo avere paura dell’intelligenza artificiale?
- Quale impatto sta avendo l’IA sulle aziende artigiane?
Che cos’è l’intelligenza artificiale?
Probabilmente la domanda che tutti, almeno una volta, ci siamo posti. Un quesito al quale non è facile rispondere, ma su cui esperti e tecnici si sono soffermati spesso per provare ad inquadrare questa nuova tecnologia.
Tra i padri fondatori dell’IA moderna va nominato Marvin Minsky, che già nel 1950 ha definito i sistemi dotati di questa potenzialità come quelli “in grado di svolgere autonomamente compiti che richiederebbero l’uso dell’intelligenza se svolti dall’essere umano“.
Una descrizione interessante, che pone l’attenzione su un concetto importante: quello dell’autonomia. L’intelligenza artificiale permette infatti di rendere un processo autonomo, senza che qualcuno debba monitorarlo, controllarlo o metterci mano. Tuttavia, resta pur sempre una tecnologia da implementare, da aggiornare e strutturare: processi che, di fatto, rendono coloro che li mettono in pratica dei veri e propri artigiani. E gli artigiani stessi, in questo senso, possono ricoprire un ruolo fondamentale nel trovare modi di applicare l’intelligenza artificiale al loro lavoro.
Lo spiega bene Stefano Marrone, ricercatore di sistemi di elaborazione delle informazioni presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli:
Gli esperti di IA sono gli artigiani del XXI secolo. La loro “materia prima” sono i dati e gli algoritmi e la loro maestria risiede nella capacità di plasmare questi elementi in artefatti (seppur digitali) funzionanti ed efficienti. Nonostante le sue radici profondamente tecnologiche, la creazione di sistemi di intelligenza artificiale è ancora un’arte. Pur essendo una delle frontiere più avanzate della tecnologia, conserva un legame profondo con l’approccio artigianale, con la passione, con la dedizione e l’abilità che hanno caratterizzato le opere d’arte per secoli.
C’è però un altro elemento da non sottovalutare: se da una parte è vero che l’intelligenza artificiale rende i processi autonomi, dall’altra è corretto anche sottolineare che essa ragiona per imitazione. E su questo aspetto si sono soffermati il giornalista e docente di Scrittura crossmediale e Comunicazione digitale all’Università di Sociologia di Milano, Edoardo Fleischner, e il PhD in Fisica teorica e Research Associates presso la Boston University Alessandro Chessa, che hanno spiegato:
Per ora rassicuriamoci, il fondamento teorico e pratico dell’intelligenza artificiale è l’imitazione. Punto. Imita le azioni, il linguaggio, la creatività, l’organizzazione, i saperi umani con tecniche che vanno dall’auto apprendimento col deep learning al divorare miliardi di contributi per poi sputarne di “originali” con tecniche “generative”.
I computer per essere intelligenti come gli esseri umani devono poter sbagliare! Nella capacità di fare errori si nasconde il segreto di poter apprendere per approssimazioni successive e non per regole logiche preimpostate. Ma quale è la materia prima per poter imparare? Sono i dati che sono abbondantissimi con la nuova ondata dei “Big Data”. Senza questa massa di dati le IA sarebbero completamente vuote, non avrebbero modo di capire il mondo. Dobbiamo da oggi abituarci all’idea di avere come dei gemelli creativi che cresceranno con noi e cercheranno di darci una mano, anche nelle mansioni che prima non avremmo mai immaginato di dover condividere con loro.
Capite tutte queste posizioni, viene dunque da chiedersi: bisogna avere paura dell’intelligenza artificiale? La risposta è no. O meglio, serve fare attenzione al modo in cui quest’ultima può essere impiegata nei diversi settori, compreso quello artigiano, ma di contro è chiaro ormai come l’apporto dell’essere umano per il funzionamento delle IA sarà sempre fondamentale.
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Dobbiamo avere paura dell’intelligenza artificiale?
Come accennato poche righe fa, non bisogna avere paura di questa innovazione digitale e tecnologica, pur con la consapevolezza che essa cambierà (o addirittura ha già cambiato) il mondo del lavoro in modo radicale. Questo perchè la sua applicazione permetterà di approcciare in modo diverso le mansioni, creando nuovi posti di lavoro e addirittura nuovi rami del mercato del lavoro stesso.
Anche perchè, oggettivamente, è un processo che non si può fermare. Il già citato professor Fleischner d’altronde lo ha spiegato bene a Confartigianato Imprese Nazionale, sottolineando che temere l’intelligenza artificiale “è come avere paura della ruota, perchè siamo circondati, immersi, assistiti sostituiti, di fatto abituati, fino a diventare esigenti e pretenziosi nei confronti dell’IA“.
Qualcuno potrebbe interrogarsi su una parola di quest’ultima citazione, ovvero sostituiti. Uno dei quesiti che più spesso si sente ripetere infatti è: ma l’intelligenza artificiale sostituirà il lavoro dell’essere umano? Difficile dare una risposta, ma come detto quel che è certo è l’impatto che quest’ultima avrà sul mondo del lavoro. Lo cambierà, lo porterà ad una evoluzione, sarà costretto ad adattarsi al progresso e, strada facendo, non abbiamo idea di ciò che potrebbe succedere. Tuttavia, per il mondo artigiano (così come per tutti gli altri settori) c’è una certezza: l’apporto umano, dalla creazione e lavorazione del prodotto fino alla vendita a stretto contatto con il cliente, è un processo che nessuna tecnologia potrà mai eguagliare.
Il professore di Economia all’Università di Padova Marco Bettiol si è soffermato proprio su questo aspetto:
Chiunque abbia provato un sistema di AI si è reso immediatamente conto che il software, se così possiamo definirlo, non ha nessuna cognizione di quello che sta facendo. Come uno studente che ha imparato a memoria un testo ma non ne ha compreso il significato. Se c’è un valore distintivo del lavoro artigiano è proprio legato al senso profondo dell’agire. Non è pura ripetizione. L’artigiano è consapevole di ciò che vuole realizzare, compie un gesto intenzionale che pur avendo radici nella cultura è anche espressione di un tocco personale e unico. In altre parole, il significato di ciò che l’artigiano sta facendo, la sua storia, le motivazioni che lo hanno portato a lavorare nella realizzazione di un particolare prodotto sono oggi gli aspetti maggiormente interessanti e ricercati dai consumatori.
Marco Bettiol
Dipartimento Scienze economiche e aziendali -UNIPD
Parole che hanno fatto seguito a quelle più volte sottolineate dal presidente di Confartigianato Imprese Nazionale, Marco Granelli, che fin dal momento in cui il settore ha iniziato ad occuparsi di intelligenza artificiale ha sottolineato l’importanza dell’intelligenza artigiana, vero “motore” di tutti i processi.
L’IA non va né esaltata né temuta o demonizzata. Piuttosto, deve essere governata dall’intelligenza artigiana perchè una cosa è certa: la tecnologia, la cultura digitale aiutano, certo, ma per i piccoli imprenditori italiani, alla fine, a vincere è sempre l’uomo, la persona, non la macchina.
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Quale impatto sta avendo l’IA sulle aziende artigiane?
Capito che cosa si intende con intelligenza artificiale, per quale motivo non dobbiamo temere l’evoluzione digitale e quale sarà (oggi e in futuro) il ruolo dell’artigiano nella sua gestione, dobbiamo rispondere ad un’altra domanda: quale impatto sta avendo ed avrà l’intelligenza artificiale sulle imprese artigiane?
Alcuni numeri li abbiamo già forniti, ma l’Ufficio studi di Confartigianato ha approfondito il tema: ad oggi sono 125mila le micro e piccole imprese che hanno già varcato le frontiere dell’intelligenza artificiale, su un totale di 134mila imprese italiane pioniere dell’IA. Ma la loro corsa nella transizione digitale è frenata dalla difficoltà di trovare personale qualificato. Su 449mila lavoratori con elevate e-skill 4.0 richiesti dalle aziende, ne mancano all’appello 246mila, pari al 54,9%.
Secondo il rapporto di Confartigianato, per quanto riguarda la difficoltà a reperire manodopera esperta di intelligenza artificiale, la situazione peggiore si registra in Trentino Alto Adige dove è introvabile il 67,2% dei lavoratori con elevata richiesta di competenze digitali avanzate 4.0 necessari alle PMI (9.330 su 13.890). Seguono a breve distanza il Friuli Venezia Giulia, dove manca il 65,2% di personale pronto ad affrontare l’IA (4.800 su 7.360) e l’Umbria con una quota del 63,8% (2.980 su 4.670).
A soffrire la carenza di personale con e-skill sono anche il Veneto con 20.270 ‘introvabili’ su 34.590, pari al 58,6%, l’Emilia Romagna (17.910 su 30.810, pari al 58,1%), Lombardia (46.930 su 81.020, pari al 57,9%), Piemonte e Valle d’Aosta (16.720 su 28.910, il 57,8%).
In testa alla classifica dei lavoratori introvabili tra quelli capaci di gestire tecnologie relative a big data analytics, internet of things e robot vi sono gli elettricisti specializzati in costruzioni: lo scorso anno sono risultati difficili da reperire 11.900 su un fabbisogno delle imprese pari a 17.540. Difficile reperire anche 8.590 tecnici programmatori su un totale di 11.730. Arriva addirittura all’84% la quota di “introvabili” nell’automotive: su 6.760 meccanici e autoriparatori è stato difficile trovarne 5.680. Stessa percentuale di difficoltà di reperimento per gli addetti ai macchinari utensili, pari a 6.350 lavoratori su 7.560.
Due piccole imprese su tre (66%) hanno adottato interventi per attrarre e/o trattenere il personale qualificato. In particolare, hanno attivato o intensificato la collaborazione con le scuole, soprattutto quelle ad indirizzo tecnico e professionale.
Rispetto alla necessità di lavoratori formati, questo è il commento del presidente Granelli:
La carenza di personale qualificato nell’IA è un’emergenza da affrontare subito con un’adeguata politica formativa. Altrimenti rischiamo di subire soltanto i rischi dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro, senza riuscire a coglierne le opportunità di nuova occupazione offerta dalle aziende. Ne va anche della competitività dei piccoli imprenditori, impegnati ad utilizzare l’IA con l’intelligenza artigiana per potenziare la qualità made in Italy delle loro produzioni.